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Aspetti generali sui permessi ex legge 104/1992 e l’ultimo pronunciamento della Cassazione in materia
Gli obblighi del lavoratore
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Il lavoratore dipendente cui siano stati riconosciuti i permessi di cui alla legge 104/92, deve prestare assistenza al familiare disabile, perché l’assenza dal lavoro per la fruizione del permesso deve porsi in relazione diretta con l’esigenza per il cui soddisfacimento il diritto stesso è riconosciuto, ossia l’assistenza al disabile. Nel caso in cui egli non adempia a tale comportamento, ben può il datore di lavoro procedere con il licenziamento. Qualora i permessi siano utilizzati per soddisfare esigenze personali del dipendente, il lavoratore assumerebbe un comportamento che si macchia di un disvalore sociale che può arrivare a giustificare il licenziamento perché si scaricano sulla collettività e sull’azienda i costi della propria pigrizia ed infedeltà. Quanto precede configura una vera e propria condotta illecita, tanto nei confronti dell’Inps – ente erogatore della corrispondente indennità – quanto nei confronti del datore di lavoro. Quest’ultimo, infatti, subisce sia un danno economico – giacché deve comunque sostenere l’onere contributivo e accantonare il TFR anche per i giorni di assenza – sia un disagio organizzativo dovendo far fronte all’assenza del lavoratore.
I diritti del titolare
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Il beneficiario dei permessi di specie dovrà quindi assistere il proprio congiunto presso l’indirizzo indicato (ovvero aggiornato). I permessi in questione sono delineati quali permessi giornalieri e non su base oraria, e possono essere fruiti a condizione che il beneficiario dell’assistenza non sia ricoverato a tempo pieno. Poiché le modalità di assistenza non sono specificate o delineate dalla norma, è consuetudine ritenere che essa debba essere svolta fornendo al congiunto assistenza pseudo-infermieristica, di accompagnamento, oppure di sostituzione nello svolgimento di “commissioni” esterne.
Eventuali attività marginali svolte dal dipendente non possono essere considerate un abuso, soprattutto se non vi è la prova che tali attività siano state effettuate per soddisfare esigenze personali anziché dell’assistito.
Ultime dalla Cassazione
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Seguendo i suddetti principi, e quindi conformemente ad un orientamento ormai consolidato per pacifica giurisprudenza, la Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 24130 del 9 settembre 2024, ha confermato la nullità del licenziamento intimato ad un lavoratore per essersi fermato ad effettuare acquisti presso un mercatino.
I giudici non soltanto hanno ritenuto non provata la circostanza che il beneficiario dell’acquisto fosse il lavoratore anziché il congiunto, ma hanno anche definito tale attività marginale.
Essa non è quindi idonea a ritenere sussistente il contestato abuso, ed è anzi stato ritenuto dimostrato l’uso corretto de permessi fruiti nei giorni in contestazione.
Andrea Pedicone
Consulente investigativo ed in materia di protezione dei dati personali
Auditor/Lead Auditor Qualificato UNI CEI EN ISO/IEC 27001:2017
• Foto: 123rf.com
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