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Fin dalle origini del pensiero filosofico occidentale, la ricerca di ciò che contraddistingue gli esseri umani rispetto al resto del regno animale ha rappresentato una questione centrale. La razionalità, la cultura, il linguaggio, l’arte. Cosa ci rende diversi dalle altre specie? E che cosa ci accomuna a loro? Questo interrogativo ha acquisito nuova rilevanza con la nascita delle neuroscienze e della psicologia cognitiva, che hanno permesso di approfondire come mai prima il funzionamento del cervello umano e le implicazioni dal punto di vista evolutivo.
Questi sono i temi affrontati da Vittorio Gallese e Ugo Morelli nel loro recente saggio intitolato Cosa significa essere umani? Corpo, cervello e relazione per vivere nel presente (Raffaello Cortina editore, 2024).
Una lettura non sempre semplice, a tratti molto approfondita dal punto di vista scientifico e filosofico, ma che vale la pena di intraprendere per chi volesse cimentarsi con nuovi strumenti e prospettive utili ad affrontare una riflessione che, secondo gli autori, è sempre latente in ognuno di noi, ovvero quella che riguarda la nostra natura e che ci porta a domandarci: cosa siamo? E, soprattutto, chi siamo?
Traendo spunto da risultati sperimentali provenienti dalle neuroscienze affettive, cognitive e sociali, oltre che dalla psicologia clinica, gli autori si misurano con quesiti esistenziali non di poco conto, come, ad esempio: cos’è la mente? Su cosa si basa la conoscenza? E cosa ha a che fare il modo in cui ci descriviamo con la nostra identità? Forse – sospettano gli autori – proprio la capacità di porsi simili domande può darci qualche indizio sull’unicità della nostra specie.
Gallese e Morelli, comunque, non hanno la presunzione di fornire una risposta semplice e definitiva a nessuna di queste annose questioni e avvertono fin da subito lettori e lettrici che l’opera li lascerà con più domande che risposte. Nonostante ciò, è possibile individuare due argomenti fondamentali su cui si basa la loro riflessione.
Il primo di questi consiste nel rifiuto del dualismo mente-corpo, una concezione ricorrente nella storia della filosofia occidentale. Secondo questa visione, la psiche e l’interiorità dell’essere umano sarebbero in qualche modo svincolate dal corpo che le “ospita”, il quale viene considerato di valore secondario o subordinato. Gallese e Morelli argomentano invece a favore della centralità della dimensione del corpo e della corporeità. Rigettano perciò questa visione neuro-determinista dell’essere umano.
Secondo gli autori, per avere davvero qualche chance di scoprire cosa significa essere umani, dovremmo abbandonare tale prospettiva e considerare il corpo non come un mero contenitore della psiche, ma parte integrante dei nostri processi cognitivi ed emotivi. Morelli e Gallese fanno infatti riferimento ai risultati di numerosi studi dai quali emerge come alcuni parametri fisiologici – in particolare, il comportamento del cuore, dei polmoni e dell’apparato digerente – varino quando si provano emozioni forti.
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senza materia e sentimento della materia insieme, non saremmo quello che siamo
Vittorio Gallese e Ugo Morelli, “Cosa significa essere umani?”, Raffaello Cortina editore, 2024
Una seconda fondamentale dimensione che caratterizza l’esperienza umana, secondo gli autori, è l’intersoggettività. L’umano, in altre parole, va indagato e considerato come un animale che si relaziona con gli altri e con l’ambiente attorno a sé, trasformandolo e venendone a sua volta trasformato.
Ci muoviamo in quello che Gallese e Morelli definiscono uno “spazio noicentrico” fondato sulla condivisione di conoscenze, credenze, convinzioni di senso comune, valori e significati su cui si basa l’esperienza individuale e collettiva. Una componente fondamentale che guida il nostro agire in questa dimensione comune è l’empatia, che ci permette di “sincronizzarci” con le altre persone e, in un certo senso, anche con l’ambiente circostante.
Indagando l’essere umano da questa prospettiva – definita “neurofenomenologica”, perché “capace di tenere insieme cervello, corpo ed esperienza” – gli autori esplorano diversi ambiti che contraddistinguono l’esperienza umana, come l’ecologia, il linguaggio, l’esperienza estetica e l’educazione.
Gli autori dedicano pagine particolarmente interessanti a quest’ultimo tema, criticando l’approccio troppo “istruzionista” che contraddistingue la didattica odierna. Secondo la loro analisi, l’educazione scolastica si basa su una mera trasmissione di nozioni invece che sull’apprendimento inteso come un’esperienza che coinvolge non solo la mente, ma anche il corpo, l’affettività e le relazioni intersoggettive.
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Del resto, “conoscenza” deriva etimologicamente da “cognoscere”, quindi da gnoscere, accorgersi, osservare, indagare, ponderare, e “cum”, insieme
Vittorio Gallese e Ugo Morelli, “Cosa significa essere umani?”, Raffaello Cortina editore, 2024
Gallese e Morelli insistono sulla centralità della corporeità e della relazione in quanto dimensioni fondamentali dell’essere umano anche quando riflettono sul nostro rapporto con il paesaggio e gli spazi che abitiamo, da quelli privati, a quelli pubblici, a quelli naturali.
Riconoscere quanto è profondo il nostro legame con l’ambiente può aiutarci, secondo gli autori, a sviluppare quella prospettiva ecologista di cui abbiamo bisogno per affrontare la crisi climatica che il pianeta sta attraversando. Dopo tutto, non siamo solo menti e cervelli portati a spasso da un contenitore di carne che sopravvive a prescindere dalle condizioni del mondo in cui vive.
Non solo la natura influenza la cultura, ma è vero anche l’opposto. Il nostro modo di agire modifica l’ambiente circostante. Per questo motivo, comprendere fino in fondo quanto siamo interconnessi agli altri, alle altre specie e al mondo naturale può permetterci di costruire nuovi valori culturali in base ai quali cambiare rotta e iniziare finalmente a vivere in modo più responsabile e sostenibile.
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