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Il presidente di Panama, José Raúl Mulino, si prepara a recarsi in Europa per affrontare la questione della classificazione del suo Paese come “paradiso fiscale” da parte dell’Unione Europea. Panama è infatti inserita nella lista nera dell’UE, un fatto che Mulino ha duramente criticato, sottolineando l’ironia di come i Paesi che condannano Panama utilizzino comunque il Canale di Panama e partecipino a gare pubbliche nel Paese.
I Paesi europei nella top ten
La questione dei paradisi fiscali è un problema anche in Europa, come evidenziato dall’ultimo Corporate Tax Haven Index della ONG Tax Justice Network. Nella top ten dei Paesi che facilitano l’abuso fiscale delle multinazionali, ben 5 sono europei: Svizzera, Olanda, Jersey, Lussemburgo e Irlanda. Questo mette in evidenza come anche l’Europa abbia un forte problema di elusione fiscale. Nell’indice del 2022, oltre a Svizzera e Lussemburgo, compare persino la Germania, segnalando un peggioramento della situazione rispetto agli anni precedenti. Secondo gli esperti, i Paesi dell’UE sono responsabili di un terzo dell’abuso fiscale globale da parte delle multinazionali.
Gran Bretagna maglia nera
In cima alla classifica mondiale degli abusi fiscali si trovano tre territori britannici d’oltremare: Isole Vergini Britanniche, Isole Cayman e Bermuda, che rappresentano un terzo del rischio globale di elusione fiscale. Sebbene l’OCSE non li consideri “dannosi”, questi paradisi fiscali fanno perdere agli Stati circa 84 miliardi di dollari all’anno in imposte. Se si considerano anche i singoli individui che nascondono ricchezze offshore, la perdita fiscale globale sale a 169 miliardi di dollari.
La Svizzera, primo Paese dell’Europa continentale nella classifica, occupa il quarto posto. Seguono Singapore, Hong Kong, Olanda, Jersey, Irlanda e Lussemburgo. Anche l’Italia è presente nella classifica, al 29esimo posto, appena sotto a Panama e Curaçao.
Cos’è il profit shifting
Il fenomeno del profit shifting – lo spostamento dei profitti delle multinazionali verso paradisi fiscali – ha generato, nel 2022, una perdita stimata di mille miliardi di dollari a livello globale. Questa pratica rappresenta il 35% degli utili contabilizzati dalle multinazionali fuori dal loro Paese di origine, causando perdite fiscali pari al 10% delle imposte societarie globali.
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