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Occhio di pavone, prima l’agronomia poi i trattamenti #adessonews

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occhio di pavone
Classica ocellatura da “occhio di pavone” su foglia di olivo. I sintomi si presentano dopo aver trascorso un lungo periodo di latenza (fonte: R. Bugiani)

Per prevenire l’insorgenza della più comune malattia dell’olivo sono importanti la scelta varietale, la densità d’impianto, la potatura, l’irrigazione e la concimazione

Con il periodo autunnale negli oliveti aumenta il rischio di infezioni da cicloconio, meglio conosciuto come occhio di pavone. La malattia, la più comune dell’olivo, è causata dal fungo Spilocaea oleaginea. I sintomi si manifestano principalmente sulle foglie, che presentano le caratteristiche macchie tondeggianti di colore grigio-brunastro contornate da un alone giallo, da cui deriva il nome “occhio di pavone”. Sui frutti, nei casi rari in cui vengono attaccati, il fungo si manifesta con macchie di alcuni millimetri di diametro, infossate e color brunastro. Le foglie delle piante colpite mostrano filloptosi e caduta precoce con conseguente riduzione dell’attività fotosintetica e riduzione della produzione di rami fruttiferi.

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Gestione accurata delle piante

La gestione integrata dell’olivo passa da pratiche agronomiche virtuose come:

Scelta varietale: Meno sensibili risultano varietà come Leccino, Pendolino, Maiatica, Nociara, Ogliarola salentina. Varietà mediamente sensibili includono Coratina, Ogliarola barese e garganica, Rotondella, Cima di Melfi, Frantoio. Hanno alta sensibilità Carolea e il Moraiolo.

Densità d’impianto: La malattia si diffonde con maggior facilità negli impianti intensivi, in quanto la vegetazione maggiormente compatta trattiene maggiormente l’umidità. Per questo motivo è raccomandabile, in ambienti umidi, mantenere una densità d’impianto più ampia.

Potatura: potatura frequente che garantisca l’aerazione della chioma e eviti quanto più possibile la presenza prolungata di acqua libera sulle foglie.

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Irrigazione: Negli impianti irrigui, evitare i ristagni idrici in quanto il patogeno si avvantaggia di umidità e film d’acqua per la sua diffusione.

Concimazione: evitare l’eccesso di concimazioni azotate, per evitare un eccessivo vigore vegetativo eccessivo, con produzione abbondante di massa fogliare che favorirebbe l’ombreggiamento e l’accumulo di umidità all’interno della chioma.

Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del fitopatologo di Terra e Vita

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Interventi di difesa

In presenza di oliveti con una bassa pressione di inoculo, è necessario intervenire alla fine dell’estate – inizio di autunno alla comparsa delle prime macchie fogliari, e all’inizio della ripresa vegetativa, con 3-4 nodi fogliari, per devitalizzare i conidi presenti sulle foglie infette, proteggendo, di fatto, la vegetazione che si sta sviluppando. I principi attivi che sono maggiormente efficaci sono i formulati a base di sali di rame (massimo 4 kg di ione Cu/ha/anno), fosfonati di potassio pyraclostrobin, dodina (questi ultimi due principi attivi da applicare per non più di 2 volte all’anno). In biologico, oltre ai Sali di rame può essere impiegato anche Bacillus subtilis come induttore di resistenza.

Nel caso invece di oliveti con una alta pressione di inoculo, oltre ai due precedenti momenti, è da tenere in considerazione l’eventualità di trattare anche prima della ripresa vegetativa con Sali di rame che, grazie anche alla sua azione fitotossica, favoriscono la caduta delle foglie infette, devitalizzando pertanto i conidi che vi si producono. L’ossicloruro di rame (al 50% di principio attivo) va distribuito impiegando una dose di 300 g di formulato commerciale per ettolitro d’acqua.


La biologia del fungo

Il patogeno prolifera tra i 10 e 24 °C (optimum termico tra 18 e 20 °C) e in presenza di periodi prolungati di bagnatura o comunque in atmosfera satura di acqua. L’attività si annulla già con valore di umidità relativa del 98%. L’infezione attraversa una fase di latenza, non visibile all’esterno, nella quale la cuticola esterna della foglia viene degradata mentre il fungo invade l’epidermide fino a raggiungere cuticola interna sviluppandosi parallelamente alla superficie fogliare; a partire da questo momento il fungo si sviluppa nei tessuti fogliari e terminata la fase di latenza perfora la cuticola evadendo all’esterno.

Per le infezioni tardo-primaverili possono essere necessari 2-3 mesi prima della manifestazione dei sintomi, mentre per le infezioni autunnali possono essere richieste solo 15-20 giorni. Nella fase di latenza, le infezioni si possono rendere manifeste se si immerge la foglia in una soluzione di carbonato di sodio al 5% a temperatura ambiente per un periodo di 25-35 minuti dopo il quale appariranno caratteristiche macchie. I conidi vengono diffusi dagli schizzi di pioggia, dal vento e, talvolta anche dagli insetti. È importante sapere che i conidi sulle foglie infette persistenti sulla pianta rappresentano una importante fonte di inoculo, mentre quelli presenti sulle foglie cadute a terra si devitalizzano rapidamente, non costituendo fonte di infezione.

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