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Il ministro della Giustizia: «Non può essere la magistratura a definire uno stato più o meno sicuro, è una decisione di altissima politica». L’opposizione contro il guardasigilli: «Dopo questo attacco non può rimanere al suo posto»
«La reazione della politica non è stata contro la magistratura, ma contro il merito di questa sentenza che non condividiamo e riteniamo addirittura abnorme». Così il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha commentato, a latere di un convegno a Palermo la decisione del tribunale di Roma che ha disposto che i dodici migranti che erano stati portati nel centro di detenzione italiano in Albania, vengano rimessi in libertà. «Non può essere la magistratura a definire uno stato più o meno sicuro, è una decisione di altissima politica. Prenderemo dei provvedimenti legislativi», ha affermato il ministro.
«Queste decisioni inoltre rischiano di creare incidenti diplomatici, perché definire non sicuro un Paese amico come il Marocco può anche creare dei problemi se noi ritenessimo che non sono sicuri i Paesi dove vigono delle regole che noi abbiamo ripudiato come la pena di morte allora anche gli Stati Uniti non sarebbero sicuri. Queste sono questioni di alta politica e non possono, non devono e non saranno essere lasciate alla magistratura».
Il ministro ha poi sottolineato che il governo non ha alcuna intenzione di aprire una guerra con i magistrati. «Non c’è tensione – ha dichiarato rispondendo alle domande dei cronisti – Da ex magistrato riterrei quasi sacrilego pensare che il governo cui appartengo dichiari guerra alla magistratura, cosa che non è e non sarà mai».
Quasi immediata la reazione del Pd alle parole del ministro della giustizia. «In un Paese democratico, la cui vita democratica e civile è regolata da una Costituzione, nella quale è limpidamente scolpito il principio della separazione dei poteri, un ministro della giustizia che sferra un attacco così pesante alla magistratura e alla sua indipendenza non può rimanere al suo posto. Nordio è uno dei simboli più appariscenti del fallimento di questo governo».
Così Debora Serracchiani, responsabile Giustizia nella Segreteria nazionale del Pd, Alfredo Bazoli, Federico Gianassi e Walter Verini, capigruppo Pd in commissione Giustizia di Senato e Camera e Commissione Antimafia.
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