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Dagli animali all’uomo: come si è evoluto il linguaggio? #adessonews

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Chi siamo, da dove veniamo e soprattutto: perché parliamo? Rispondere è tutt’altro che facile. fin dall’alba dei tempi il linguaggio è al centro di vari miti, da quello della creazione alla torre di Babele: ancora oggi però, nell’era della scienza e della tecnica e dopo decenni di studi, le sue origini restano avvolte nel mistero. 

Due i principali filoni di pensiero che attualmente si fronteggiano: quello chomskyano della “mutazione massiccia” e quello gradualista. Se il linguista Noam Chomsky e la sua scuola sostengono che una mutazione improvvisa avrebbe creato un “abisso cognitivo” tra l’essere umano e il resto delle specie animali, un cambiamento radicale che avrebbe reso possibile la comparsa del linguaggio, altri studiosi sottolineano invece la continuità tra animali e uomo, evidenziando come la transizione potrebbe essere stata meno repentina.

Dibattito fondamentale quanto spinoso, poiché implica una riflessione sulla nostra stessa natura, quello riportato da Lorenzo Pinna nell’incontro di cui è stato protagonista lo scorso 13 ottobre durante la settima edizione del CICAP Fest. Proprio al linguaggio infatti il popolare giornalista scientifico, nonché storico autore di programmi come Quark, Superquark e Noos, ha dedicato il suo ultimo libro. Quattro ipotesi sull’origine del linguaggio, presto nelle librerie per i tipi di Codice Edizioni, attraversa paleoantropologia, linguistica, biologia evolutiva e neuroscienze esaminando con stile chiaro e approccio divulgativo i risultati delle ricerche sul campo.

“Tra la parola umana e la comunicazione animale c’è una differenza fondamentale – sintetizza Pinna per i lettori de Il Bo Live –: anche gli animali possono comunicare in modo molto sofisticato, come dimostrano diversi esempi tra delfini, primati e pappagalli: solo il linguaggio umano è però combinatorio a livello fonetico, sintattico e semantico”. Qualsiasi lingua insomma, anche la più semplice, riesce con un numero finito di suoni e di regole (sintattiche e grammaticali) a esprimere con una potenza espressiva enorme qualsiasi cosa o situazione, comprese quelle passate, future o completamente nuove rispetto alla nostra esperienza.

Animali, batteri e persino piante (come mette in luce Stefano Mancuso) comunicano abitualmente con i loro simili o addirittura con altre specie, ma nessuno di essi sarebbe capace di articolare una singola frase, anche banale come ‘mi è caduto il telefonino per terra’. Nel libro Pinna fa riferimento a casi noti di animali addestrati dai ricercatori a collegare simboli astratti a oggetti concreti, come il famoso bonobo Kanzi, il pappagallo Alex e i delfini Akeakamai e Phoenix. “Anche gli animali pensano, più di quando si ritenesse un tempo – conferma il giornalista –. Il loro pensiero però, per quanto articolato e strutturato, rimane in qualche modo chiuso in loro: non hanno sintassi e le loro comunicazioni si limitano al ‘qui e ora’”.

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Come mai allora, circa sei milioni di anni fa, il diaframma tra pensiero e comunicazione è stato sbloccato, avviando un circolo virtuoso che ci ha reso quelli che siamo? A giocare un ruolo centrale, secondo gli studi riportati nel libro da Lorenzo Pinna, sarebbero state l’empatia e soprattutto la cooperazione; “A un certo punto i nostri progenitori si sono trovati in quello che chiamo un grosso guaio: mentre le foreste si ritiravano furono costretti a frequentare molto di più le savane, più ricche di cibo ma anche infestate da grandi predatori. La cooperazione è stata la chiave per sopravvivere”.

Il libro si conclude con una riflessione sul potere del linguaggio nella specie umana. Riprendendo le teorie di Yuval Noah Harari e di Telmo Pievani, l’autore sottolinea come la nostra capacità simbolica sia stata cruciale per la nostra evoluzione. “La potenza dell’Homo sapiens sta anche nel credere in cose che, pur non esistendo in una dimensione reale ma solo intersoggettiva, sono tuttavia fondamentali nell’unire e rendere coeso un gruppo”, osserva il giornalista e divulgatore riferendosi a concetti come la giustizia, il denaro e la religione.

Un vero e proprio superpotere, che però non ha sempre avuto un impatto positivo sulle altre specie e in generale sugli ecosistemi: “Da quando lo abbiamo non c’è stato più equilibrio; non è un caso che, tranne pochi casi limitati, l’uomo abbia quasi subito iniziato a sterminare la macrofauna. Da subito il linguaggio si è rivelato uno strumento fin troppo potente per plasmare la realtà”. Anche oggi, in un’epoca in cui la nostra unicità e il nostro primato sembrano essere messi in discussione dai Large Language Model (LLM) come ChatGPT: “Il problema dell’intelligenza artificiale è che qualcuno deve sempre inserire la presa nella corrente – ironizza Pinna –. Scherzi a parte, al momento l’AI non è ‘nel mondo’, non ha i problemi di tutti gli essere viventi e cioè sopravvivere, nutrirsi e riprodursi. Siamo noi a fornirle energia, pure parecchia, e a dirle cosa fare. Per questo ritengo che, più che un rivale, sia soprattutto uno strumento, anche se potentissimo”. Almeno per ora.





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