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Buoni pasto: trattamento fiscale – Fiscomania #adessonews

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I buoni pasto sono dei documenti, che possono essere emessi in forma cartacea o elettronica, che hanno la funzione di mezzo di pagamento, in quanto danno al possessore il diritto di ottenere dagli esercizi convenzionati (ristoranti, mense, supermercati, ecc)  la somministrazione di pasti o prodotti alimentari, escludendo ogni prestazione in denaro.

I buoni pasto sono emessi con diverso valore, e sono acquistati dalle aziende per essere offerti ai propri dipendenti per le spese che questi sopportano durante la pausa pranzo. Essi sono dei documenti che danno al lavoratore il diritto di ottenere, dagli esercizi convenzionati con la società di emissione dei buoni, la somministrazione di alimenti e bevande e la cessione di prodotti di gastronomia pronti per il consumo.

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Cosa sono i buoni pasto?

Il buono pasto (“ticket restaurant“) è un documento di legittimazione (in forma cartacea o elettronica), che attribuisce al titolare il diritto a ottenere il servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono e, all’esercizio convenzionato, il mezzo per provare l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione.

La definizione di buono pasto è data dall’art. 2, co. 1, lett. c), D.M. 122/2017:

“il documento di legittimazione, anche in forma elettronica (…) che attribuisce, al titolare, ai sensi dell’articolo 2002 del codice civile, il diritto ad ottenere il servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono e, all’esercizio convenzionato, il mezzo per provare l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione”

I buoni pasto (sia in forma cartacea che elettronica):

  • Non sono cedibili;
  • Non sono commercializzabili;
  • Non sono convertibili in denaro;
  • Sono utilizzabili soltanto dal titolare;
  • Non sono cumulabili oltre il limite sancito che, dall’introduzione del D.M. 122/17, corrisponde a 8 buoni pasto al giorno.

In alternativa al buono pasto, il datore può mettere a disposizione dei dipendenti una mensa aziendale con gestione propria o affidata in appalto a società esterne, una mensa esterna presso apposite strutture oppure un’indennità sostitutiva della mensa. Sono nati per garantire una prestazione sostitutiva alla mensa aziendale dove non è presente. Ad oggi, rappresentano uno dei benefit più diffusi e apprezzati da imprese e collaboratori.

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Chi può usufruire dei buoni?

I buoni possono essere erogati in favore di:

  • Lavoratori subordinati, a tempo pieno o parziale, anche qualora l’orario giornaliero non preveda una pausa per il pasto;
  • Titolare di un rapporto di collaborazione (esempio co.co.co.).

Le aziende non sono obbligate ad erogarli, a meno che questi non siano espressamente previsti nei contratti collettivi o nella contrattazione di secondo livello o individuale.

In un interpello (n.956-2631/2020 Direzione Regionale del Lazio), l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che anche per i lavoratori in smart working si applica la tassazione agevolata prevista per i buoni pasto sia cartacei che elettronici.

La tassazione per il dipendente sopra la soglia esente

I buoni pasto sono considerati compensi in natura corrisposti al lavoratore dipendente e devono essere in generale sottoposti a tassazione ai fini dell’IRPEF in capo al dipendente. I buoni pasto corrisposti alla generalità o a categorie di lavoratori dipendenti non generano reddito imponibile nel limite massimo di:

  • 4 euro in formato cartaceo, 
  • 8 euro in formato elettronico.

Soltanto il maggiore valore deve essere soggetto a tassazione. Quindi, coloro che ricevono buoni in formato cartaceo sono esenti da contribuzione e tassazione fino ad un massimo di 4 euro al giorno, la cifra corrisponde al valore facciale del buono. Coloro che ricevono buoni in formato elettronico sono esenti fino ad un valore massimo di 8 euro al giorno.

Secondo quanto stabilito dal Ministero dello Sviluppo economico, i buoni pasto elettronici e cartacei 2022 possono essere utilizzati solo dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche quando l’orario di lavoro non preveda una pausa per il pranzo, e dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato.

Esempio di calcolo di tassazione in busta paga per il dipendente

Buoni pasto cartacei

  • Valore del buono pasto: € 10,00
  • Numero di Buoni: 15
  • Totale: € 10,00 x 15 = € 150,00
  • Valore dei buoni pasto: € 150,00
  • Quota imponibile IRPEF da inserire in busta paga: € 90,00 (calcolato come € 6,00 per 15 buoni)
  • INPS da versare (aliquota 9,19%): € 8,27 (calcolato su € 90,00)
  • IRPEF da versare (aliquota convenzionale al 43%): € 38,70 (calcolato su € 90,00)

Buoni Pasto Elettronici

  • Valore del buono pasto: € 10,00
  • Numero di Buoni: 15
  • Totale: € 10,00 x 15 = € 150,00
  • Valore dei buoni pasto: € 150,00
  • Quota da inserire in busta paga: € 30,00 (calcolato come € 2,00 per 15 buoni)
  • INPS da Versare (aliquota 9,19%): € 2,78 (calcolato su € 30,00)
  • IRPEF da Versare (aliquota convenzionale al 43%): € 12,90 (calcolato su € 30,00)

La deducibilità fiscale del costo per l’azienda 

Per l’azienda che acquista i buoni pasto da distribuire ai dipendenti, il costo che sostiene è totalmente deducibile per competenza ai fini delle imposte dirette (IRPEF/IRES/IRAP). Questo significa che il costo relativo all’acquisto dei buoni pasto deve essere dedotto in riferimento al periodo d’imposta in cui il dipendente ha usufruito del servizio buono pasto.

In merito alla totale deducibilità del costo di acquisto dei buoni pasto, con la Circolare n. 6/E/2009 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:

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“Atteso che la fornitura dei ticket restaurant rappresenta un servizio sostitutivo di mensa, si ritiene che la limitazione della deducibilità al 75% (fissato per le spese di vitto e alloggio) non sia applicabile alle spese sostenute dal datore di lavoro per il loro acquisto. Tali spese, infatti, analogamente a quelle relative ad una convenzione con un esercizio pubblico, rappresentano il costo per l’acquirente di un servizio complesso non riconducibile alla semplice somministrazione di alimenti e bevande”

Il datore di lavoro non dovrà operare nessuna ritenuta contributiva e previdenziale sul valore dei buoni pasto come stabilito dall’art. 51, comma 2, lett. c), TUIR, il quale non concorre alla determinazione della retribuzione imponibile ai fini contributivi, come riporta la Circolare INPS n. 15/22.

Le aziende possono scegliere anche decidere di erogare un’indennità sostitutiva di mensa, ossia una somma erogata direttamente in busta paga a integrazione della retribuzione mensile. In questo caso, però, le somme sono interamente soggette a tassazione contributiva e fiscale, al versamento di quote INPS, TFR, IRAP e IRES su IRAP.

Per i liberi professionisti e le ditte individuali senza dipendenti la deduzione dei costi sostenuti per l’acquisto dei buoni pasto è ammessa, ai fini delle imposte dirette, nella misura del 75%, per un importo massimo nel limite del 2% del fatturato, mentre le regole concernenti l’IVA rimangono invariate rispetto a quelle previste per il datore di lavoro. 

Disciplina contabile

Sotto il profilo contabile, i costi per i buoni pasto distribuiti ai dipendenti si rilevano nella voce “B.7 – Costi per servizi” del Conto economico e non, invece, nella voce “B.9 – Costi per il personale” (documento OIC 12, § 63), in applicazione del criterio di classificazione dei costi per natura. In contropartita, si rileva il debito verso la società che emette i buoni pasto, nella voce “D.7 – Debiti verso fornitori” del passivo di Stato patrimoniale.

Deducibilità del costo per il professionista

Il principio di integrale deducibilità dei costi sostenuti per l’acquisto di buoni pasto affermato nella Circolare n. 6/E/09 (§ 8) opera nel caso in cui il professionista assegni i buoni pasto ai propri dipendenti. Nonostante l’assenza di chiarimenti ufficiali, i costi dovrebbero essere deducibili nei limiti previsti dall’art. 54 co. 5 del TUIR, vale a dire al 75% e per un importo non superiore al 2% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta.

Disciplina IVA

Per quanto riguarda la disciplina IVA applicabile ai buoni pasto, in base alle modifiche intervenute ad opera dell’articolo 83, co. 28-bis del D.L. n. 112/08, le imprese hanno facoltà di detrarre interamente l’IVA (con aliquota del 4%) relativa alle spese sostenute in relazione ai servizi alberghieri e di ristorazione (nel rispetto del principio di inerenza), ivi comprendendo anche i costi per l’acquisto di buoni pasto. La base imponibile è costituita dal prezzo convenuto tra le parti, non rilevando la circostanza che tale prezzo sia pari, inferiore o superiore al valore facciale indicato nel buono pasto.

La prestazione resa dagli esercizi o dalle mense convenzionate alla società emittente i buoni è soggetta ad aliquota IVA del 10% ai sensi del n. 121 della Tabella A, Parte III, allegata al DPR n. 633/72 (Risoluzione n. 75/E/20, Risoluzione n. 63/E/05 e R.M. 49/96). Si tratta, infatti, di una somministrazione di alimenti e bevande non riconducibile tra quelle effettuate presso mense aziendali.

Certificazione dei corrispettivi

Gli esercenti che accettano i buoni pasto come mezzo di pagamento della somministrazione di alimenti e bevande e che sono soggetti all’obbligo di memorizzazione e invio dei corrispettivi ex art. 2 co. 1 del D.Lgs. n. 127/15. Con maggiore dettaglio, tali operatori sono tenuti a:

  • Memorizzare il corrispettivo in tutto od in parte non riscosso collegato al ticket restaurant;
  • Emettere il documento commerciale indicando l’importo pagato mediante ticket.

Gli importi dei ticket devono essere inclusi nel totale dei corrispettivi inviati tramite registratori telematici, nonostante siano oggetto di successiva fatturazione verso la società che emette i buoni. L’imposta deve essere computata soltanto nella liquidazione relativa al periodo in cui si è verificato il pagamento del controvalore del buono o in cui è stata emessa, in via anticipata, la fattura.



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