Passata la sbornia delle promesse pre-elettorali dall’agenda politica del Governo è sparito il tema del Caro-Mutuo, legato alla crisi abitativa che morde fasce sempre più larghe della nostra popolazione. Sui radar di RETE invece la questione è ben visibile, come tutte le istanze riguardanti i più vulnerabili.
Visibile e attualissima, visto che il Decreto Mutui Prima Casa, che definisce lo spread (il tasso di guadagno delle banche) per l’anno 2023, dovrà esser discusso nella prossima seduta del Consiglio Grande e Generale e quello per l’anno 2024 a strettissimo giro di posta.
La posizione di RETE è chiara da sempre: lo Stato attualmente si fa carico di una percentuale tra il 65% e l’85% degli interessi, quindi a pieno titolo può e deve giocare un ruolo più politico al tavolo di confronto con le banche, affinché queste vengano chiamate a trovare una soluzione, limitando – ad esempio – il loro legittimo interesse a guadagnare senza superare una cifra predeterminata, che noi abbiamo proposto di fissare al 2%.
Una sorta di “spread di solidarietà” che non faccia esplodere i tassi complessivi al 6/8% come avviene attualmente e che si possa tradurre per il cittadino più bisognoso in qualche centinaio di euro in più al mese.
Riteniamo che il tema del diritto all’abitare, con affitti e mutui alle stelle, con la cronica insufficienza di case popolari nonostante le circa 2mila abitazioni censite come sfitte (o “diversamente” affittate…), abbia assunto i connotati dell’emergenza sociale a San Marino.
E’ tempo di avviare delle politiche di disincentivazione al lasciare marcire il patrimonio immobiliare – come si dice – in pancia alle banche ma anche dei grandi immobiliaristi, incentivandone viceversa la loro messa a disposizione sul mercato.
Così come in un recente passato era stato il sistema bancario ad essere aiutato ad uscire dalla crisi che lo aveva messo in ginocchio, ora quello stesso sistema deve restituire qualcosa alla collettività. Compito dello stato e del Governo è quello di richiamarlo a fare la sua parte e a dare il suo contributo, per alleviare le sofferenze dei concittadini.
Si tratta di dare un contributo di equità e solidarietà, non di impedire ad enti privati di sviluppare il loro legittimo business; semplicemente vanno esortati alla scelta, umana ed industriale, di non speculare sulla parte di popolazione più esposta alle congiunture economiche negative.
Così ci si dovrebbe comportare in un Paese dove la solidarietà tra le componenti sociali è un valore di cui lo Stato si fa garante e non banalmente uno slogan da strillare solo prima della campagna elettorale.
RETE
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