20.20 – mercoledì 30 ottobre 2024
(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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La Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione nell’odierna udienza ha deciso i ricorsi proposti da Antonio Calogero Montante, Diego Di Simone Perricone, Marco De Angelis e Gianfranco Ardizzone.
Il processo ruotava attorno alla posizione processuale di Montante, imprenditore che nel tempo aveva assunto diversi ruoli nell’associazione di Confindustria siciliana e nella Camera di Commercio di Caltanissetta, il quale è stato accusato di avere costituito, organizzato e diretto un’associazione criminale, composta da imprenditori e appartenenti alle forze dell’ordine, finalizzata alla commissione di plurimi reati contro la pubblica amministrazione, soprattutto corruzioni, e di accesso abusivo al sistema informatico (SDI), funzionali ad un più ampio progetto di progressiva occupazione dei posti di vertice di associazione di categoria, enti e società, da gestire in modo clientelare attraverso la instaurazione di rapporti con esponenti appartenenti alle forze dell’ordine finalizzati al mantenimento e allo sviluppo del sodalizio attraverso la protezione degli interessi e delle attività imprenditoriali degli associati.
A tale associazione avrebbero partecipato gli odierni imputati, Gianfranco Ardizzone, quanto meno in un dato periodo, nella qualità di Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Caltanissetta e poi Capo Centro della Direzione investigativa antimafia; Diego Di Simone Perricone e Marco De Angelis, il primo divenuto dipendente di Confindustria dopo un passato nella Polizia di Stato, e, il secondo, nella qualità di sostituto commissario in servizio prima alla Questura di Palermo e, successivamente, alla Prefettura di Milano.
Il Tribunale aveva condannato gli odierni imputati per tutti i reati loro contestati; la Corte di appello, pur riformandola in parte, aveva sostanzialmente confermato la sentenza di primo grado nella sua struttura; solamente per Ardizzone, con riferimento al reato associativo e ad un episodio di corruzione, era stata dichiarata la prescrizione ed egli era stato assolto nel resto.
La Corte di cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza di appello con riferimento al reato associativo perché il fatto non sussiste e ha dichiarato prescritti i reati di rivelazione dei segreti di ufficio, confermando la responsabilità di Montante, Di Simone e De Angelis per i reati di accesso abusivo a sistema informatico e per gli episodi di corruzione loro rispettivamente ascritti, rinviando alla Corte di appello di Caltanissetta per la rideterminazione della pena.
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