Dei lavoratori occupano una fabbrica, al Sud. Forse basterebbe questo per far salire agli onori della cronaca nazionale la vicenda della Hiab di Statte, 12 mila abitanti alle porte di Taranto. Ma la loro storia, come tutte le storie di qui, è molto più complicata e collega la piccola città tarantina a una vicenda finanziaria internazionale.
La Hiab è un’azienda svedese che produce attrezzature per la movimentazione dei carichi su strada. Fa parte di un conglomerato finlandese, la Cargotec, nata nel 2005 da uno scorporo della Kone, per consentire la quotazione in borsa dei due rami. La storia si sta ripetendo oggi: la Cargotec vuole infatti scorporare i suoi tre rami, la MacGregor, la Kalmar e la stessa Hiab. A luglio, Kalmar è stata scorporata e quotata alla borsa di Helsinki, mentre MacGregor sarà presto venduta, rendendo così Hiab una società autonoma più snella e appetibile, chiudendo qualche stabilimento e mandando a casa i suoi lavoratori. La scelta è ricaduta sulla fabbrica tarantina, dove 103 tra operai specializzati (tanti) e impiegati (pochi) producono gru di piccola e media portata ad alto livello e componenti per le gru di grossa portata a Minerbio (Bologna).
LA FABBRICA DI STATTE assieme a quella di Minerbio facevano parte della Effer, azienda italiana che Hiab ha acquisito nel 2018. Col marchio Effer gli operai tarantini hanno continuato a produrre quelle che a loro dire sono considerate «le Ferrari delle gru».
I NUMERI DANNO LORO RAGIONE: nel 2022 Hiab ha registrato ordinativi record. Tuttavia, approfittando del fisiologico calo degli ordini nel 2023, l’azienda ha prima lasciato a casa gli oltre 100 lavoratori interinali e poi a luglio ha comunicato una riduzione dell’organico poco inferiore al 40% (soglia massima consentita dai decreti anti-delocalizzazione per non restituire i contributi percepiti negli ultimi 10 anni).
Parte della produzione sarà trasferita a Minerbio assieme a 25 unità lavorative, mentre per altre 7 si aprirà la strada del prepensionamento. Per gli altri lavoratori, con età media sui 50 anni, l’azienda non ha dato risposte. Tutto lascia però presagire che lo stabilimento di Statte sarà presto delocalizzato negli altri siti in Spagna e Polonia.
I lavoratori di Statte hanno risposto con uno sciopero. I sindacati hanno portato Hiab al tavolo della Regione Puglia in cui l’azienda ha rigettato il sostanzioso pacchetto di agevolazioni proposto. Gli operai hanno quindi deciso di occupare la fabbrica, bloccandone la produzione. Dal 14 ottobre sono in assemblea permanente, hanno ottenuto la disponibilità della sala mensa e di alcuni uffici e fanno i turni per non lasciare mai lo stabilimento incustodito.
LA LOTTA HA PORTATO a una prima convocazione al Mimit, il 23 ottobre, alla quale però l’azienda si è presentata con rappresentanti incapaci di assumersi qualsivoglia impegno. La delegazione ministeriale avrebbe quindi fatto la voce grossa, dicendosi pronta a sanzionare l’eventuale condotta fraudolenta dell’azienda. Un secondo confronto si è svolto nella mattinata di ieri, nel quale il ministero avrebbe presentato un piano di incentivi per garantire la continuità dello stabilimento. Bisognerà però attendere il 5 novembre perché l’esito di questo incontro venga condiviso con i sindacati, in un tavolo al Mimit a cui parteciperanno anche le istituzioni locali.
A Statte, intanto, l’assemblea permanente continua e i lavoratori si dicono fiduciosi. Attendono la convocazione ministeriale e ribadiscono che è ineludibile un confronto fra loro e la multinazionale, dicendosi pronti a proseguire la mobilitazione qualora non dovessero emergere soluzioni. A poca distanza dalle mura giallo ocra della Hiab, si staglia il profilo scuro delle ciminiere dell’ex-Ilva, che fa da monito di lotte passate, crisi irrisolte e futuro incerto.
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