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PRESCRITTO ANGELO BARDELLINO PER L’IMMOBILE VENDUTO ALLA MOGLIE – #finsubito prestito personale immediato – Richiedi informazioni


Immobile venduto alla moglie: arriva la sentenza della Corte di Cassazione nei confronti del nipote del fondatore del clan dei Casalesi, Angelo Bardellino

Il caso è emerso in un altro processo che si sta celebrando presso il Tribunale di Latina, dinanzi al giudice monocratico Enrica Villani. In tale processo (rinviato a gennaio per l’eventuale sentenza), Angelo Bardellino, il 52enne nato a San Cipriano d’Aversa e residente a Formia, figlio di Ernesto Bardellino (ex sindaco socialista di San Cipriano d’Aversa) e personaggio di spicco dell’omonima famiglia – che per l’Antimafia si può definite sodalizio – deve rispondere di un’auto comprata nove anni fa.

Angelo Bardellino, difeso dall’avvocato Pasquale Cardillo Cupo, è accusato di aver comprato una Toyota Aygo nel 2015, pur essendo, all’epoca, in regime di misura di prevenzione e obbligato, secondo il codice antimafia, a comunicare al nucleo Pef della Guardia di Finanza di Latina ogni acquisto al di sopra dei 10mila euro.

All’epoca dei fatti contestati, così come ricostruito da un luogotenente dei Carabinieri di Formia, ascoltato in Tribunale come testimone, Angelo Bardellino, peraltro, era praticamente nullatenente: non dichiarava redditi e patrimoni. Tuttavia, oltreché all’auto, i Carabinieri che lo monitoravano scoprirono anche un passaggio di natura immobiliare. Bardellino ha venduto alla compagna un’unità immobiliare da 75mila euro. Una compravendita che non passò inosservata ai militari dell’Arma.

Per questo passaggio sospetto, con sentenza del 4 aprile 2022, il Tribunale di Latina ha condannato Angelo Bardellino alla pena di 2 anni di reclusione e 10.500 euro di multa per il reato stabilito dal Codice Antimafia. Bardellino, infatti, all’epoca dei fatti, era un soggetto sottoposto a misura di prevenzione personale e aveva omesso di comunicare la variazione patrimoniale derivante dalla vendita alla moglie separata dell’immobile da 75.000 euro. Un fatto avvenuto il 26 giugno 2013.

Con sentenza del 28 marzo 2024, la Corte di appello di Roma ha confermato, per la parte che interessa questo giudizio, la sentenza di primo grado.

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Bardellino, tramite gli avvocati Pasquale Cardillo Cupo e Francesca Aricò, ha ricorso contro la sentenza di Appello perché, secondo la difesa: “sull’imputato non gravava alcun obbligo di comunicazione della variazione patrimoniale, atteso che tale obbligo è stato introdotto soltanto nel 2010 e la misura di prevenzione nel caso in esame era stata applicata l’11 ottobre 2005, ed era divenuta definitiva il 6 marzo 2008, in data antecedente, pertanto, alla introduzione dell’obbligo di comunicazione”. Inoltre, sempre secondo la difesa, “le precedenti tre condanne da cui era gravato il ricorrente erano state espiate nella forma dell’affidamento in prova al servizio sociale, affidamento che ha avuto un esito positivo con conseguente dichiarazione di estinzione del reato avvenuta in data 19 aprile 2024”.

Con requisitoria scritta, il Procuratore generale della Cassazione, Stefano Tocci, ha concluso per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta prescrizione del reato.

La Corte di Cassazione, accogliendo un paio di punti sollevati dalla difesa, ha comunque annullato la sentenza di Appello perché il reato è prescritto. Anche la confisca dell’immobile viene eliminata, infatti – spiega la sentenza – “l’annullamento della sentenza impugnata comporta anche la eliminazione della statuizione sulla confisca senza che ci sia bisogno di dettare ulteriori disposizioni”.

“Trattandosi di confisca per equivalente disposta” nel 2011, “non è, infatti, possibile, in presenza di un reato commesso il 26 giugno 2013, applicare la disposizione dell’art. 578-bis cod. procedura penale, in quanto introdotta soltanto con l’art. 6 del d. Igs. 10 marzo 2018”.





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