CORIGLIANO-ROSSANO – Probabilmente ormai in pochi ricordano che il Nuovo Ospedale della Sibaritide, nel lontanissimo 2006, quasi vent’anni fa, inizialmente osteggiato non tanto dalla politica locale e regionale, quanto da quella nazionale, aveva ricevuto l’ok al finanziamento da parte del Ministero della Salute grazie a un piccolo particolare: la vicinanza dell’area individuata alla linea ferroviaria jonica. Oggi quello che sembrerebbe un dettaglio marginale – ma non lo è e vi diremo perché – non se lo ricorda più nessuno. Non se lo ricordano, ovviamente, i cittadini (sempre più avulsi da quelle che sono le dinamiche della comunità) ma, cosa più grave, non se lo ricordano nemmeno le istituzioni e gli apparati di governo del territorio, sia a livello locale che regionale.
Abbiamo fatto un salto indietro nel tempo, all’inizio degli anni 2000. Ministro della Sanità nel Governo Amato era, all’epoca, Umberto Veronesi. Il medico luminare e avanguardista nella ricerca contro il Cancro, all’epoca studiò, con la collaborazione dell’archistar Renzo Piano, un nuovo concept, più moderno, sociale, futuristico per le residenze ospedaliere. Si chiamava Programma Quadrifoglio. Un punto di rottura, uno spartiacque tra quello che era stato fino ad allora il concetto di ospedale, in ogni sua declinazione, e quello che sarebbe dovuto diventare da lì in poi.
E fu proprio uno dei punti del Progetto Quadrifoglio, l’urbanità («L’ospedale non deve essere avulso dal centro cittadino, ma piuttosto diventare un prolungamento della città, cioè essere un ‘ospedale aperto’») a persuadere negli anni successivi, le alte sfere dello Stato, sull’utilità del Nuovo Ospedale della Sibaritide. E questo perché questa nuova e avveniristica struttura sarebbe sorta sì nelle campagne, a perdita d’occhio, ma era il cuore baricentrico di un territorio urbano intenso (che anni dopo sarebbe diventato un’unica città) a ridosso di una strada di interconnessione territoriale ma, soprattutto, della ferrovia jonica.
Se si andasse a risfogliare la mole di documenti, ormai pieni di polvere, che venne prodotta in forma propedeutica ai progetti dell’opera, si troverebbero anche gli atti di indirizzo per la realizzazione di un nuovo scalo ferroviario a Insiti, a 50 metri da quello che oggi è il costruendo nuovo ospedale della Sibaritide. Di fatto, però, di questa nuova stazione ferroviaria nessuno più ne parla concretamente. L’argomento ricorre spesso e sovente, nelle tante parole (e promesse) della politica. Ma nulla più.
Eppure quella dei fondi PNRR e, ancor più, dell’opera di riqualificazione del binario jonico, sarebbe stata l’occasione ideale per togliere dalla polvere questo progetto e realizzare una nuova stazione che, ad oggi, non servirebbe praticamente a nulla, in quanto finirebbe nel deserto; ma domani, in prospettiva e visione (quelle che continuano a mancare colpevolmente a tutta la politica locale), quella stazione sarebbe stata o sarebbe il centro nevralgico della mobilità della terza città della Calabria e dell’intero territorio del nord-est. Non solo perché baricentrica e vicina a un presidio sanitario strategico, ma anche perché in quell’area, nell’area di Insiti, dovrebbe sorgere oltre al nuovo ospedale, anche il cuore pulsante della nuova città, i servizi, il centro direzionale di Corigliano-Rossano e forse anche di quella sussurrata idea (abituati come siamo a sognare cose in grande perdendoci i dettagli essenziali) della nuova Provincia.
La realtà, però, è un’altra cosa. Dal momento che, a distanza di ormai 20 anni dalla prima pietra, stiamo ancora realizzando un ospedale in una zona che è priva di servizi e di sottoservizi. Ancora nessuno ci ha detto se, quando e chi realizzerà, ad esempio, la rete fognaria (che oggi non esiste) del costruendo nosocomio. Era una questione che ponemmo due anni fa proprio dalle pagine dell’Eco e allora la politica locale e regionale sottovalutò quella nostra preoccupazione che, ancora oggi, però, rimane un nervo scoperto e doloroso.
Ma ancora più doloroso sarà – se nessuno avrà il coraggio di affrontare la questione con forza e determinazione – risvegliarsi domani, a ospedale finito (i lavori vanno avanti speditamente nonostante l’ultimo atto incendiario dalla quasi sicura matrice dolosa), con una struttura praticamente irraggiungibile. In questo momento Insiti è fuori da ogni connessione. Eppure lì servirebbero strade di servizio ma innanzitutto servirebbe una strada veloce (il nuovo tracciato della SS106 è nato anche a questo scopo) che consenta agli utenti di Corigliano e Rossano e dei territori limitrofi di raggiungere rapidamente l’ospedale per non finire imbottigliati nel traffico mortale della Statale 106. E servirebbe anche un sistema di trasporto urbano, a partire, dalla ferrovia che consenta ai cittadini di raggiungere facilmente quello che sarà il primo (e forse unico) punto sanitario di riferimento dell’intera Calabria del nord-est. E invece si dormono sonni profondi, aspettando di rincorrere eventi e questioni. Perché ormai la prassi, tutta calabrese, di creare il problema, così che arrivi l’eroe di cartone di turno a risolverlo, è diventata una regola aurea.
Anche se qui dimenticano tutti che Corigliano-Rossano, la Sibaritide, la Calabria del nord-est sono andati ormai oltre ogni tempo massimo!
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