Borghi ricchi di storia, cultura e tradizioni, che con il passare dei decenni si sono spopolati e da qui ai prossimi rischiano anche di sparire. La Valle d’Agrò ne custodisce diversi, che per il loro posizionamento collinare e montano lontano dai grandi centri soffrono l’abbandono e l’emigrazione, anche per l’assenza di politiche fiscali e agevolazioni per incentivare a rimanere.
A Roccafiorita, il comune più piccolo della Sicilia e il meno esteso del Sud Italia, oggi sono rimasti 173 residenti e nell’ultimo anno ne sono andati via dieci, tra chi ha preferito spostarsi sulla costa o trasferirsi nel Nord Italia. Nel 1831 si aggiunse il massimo storico con 534 abitanti, poi l’ultimo picco nel 1921 con 513 e da lì la perdita progressiva con la prima emigrazione verso Sud e Nord America, seguita da quella degli anni ’60 e ’70 verso Nord Europa e Nord Italia. Un’oasi a 720 metri sul livello del mare, dove la vita scorre tranquilla lontano dal frastuono e dalla frenesia delle città.
«La storia dei piccoli centri, montani in particolare, appare segnata – ammette il sindaco Concetto Orlando –, contro non si può andare e non sarò io a poterla cambiare. Oggi c’è la moda di vivere sulla costa anche se si proviene da monte e così aumenta lo spopolamento e il rischio di accorpamento dei borghi. Io resisto sulle barricate e seppur alcuni anni addietro siano state chiuse le scuole ci siamo salvati, perché sono a 2 km, a Limina. Se chiudessero anche quelle sarebbe la fine. Eppure abbiamo plessi all’avanguardia, sicuri e moderni, ma la tendenza è quella di portarli in classi con 30 alunni nei centri della riviera, in immobili magari a rischio crollo».
La piccola economia locale vive grazie a tre ristoranti (un quarto è in arrivo), un bar e una struttura ricettiva da 20 posti letto, ma puntare sul turismo “mordi e fuggi” non basta e si sta cercando di andare oltre la semplice ristorazione, aumentando i posti letto che consentono al turista di fermarsi in paese anche più di un giorno. Le infrastrutture viarie non sono più adeguate ma in assenza di un’alternativa il Comune spera nella manutenzione dell’unica strada esistente, priva di manutenzione costante dalla Città metropolitana. «Sono fortunato perché ho la collaborazione dei cittadini che sono rimasti facendo una scelta – si consola il sindaco –, ma chi viene qui spesso s’innamora e non vuole andare più via».
Ad Antillo, invece, che nel 1951 raggiunse 2045 abitanti, poi 1200 nel 2000 e circa 800 oggi, lo stato d’animo non cambia: «O chi governa e legifera ha veramente intenzione di fare qualcosa per i piccoli paesi, altrimenti da qui a 30 anni la metà spariranno – è il parere del sindaco Davide Paratore –. Ormai c’è la vocazione per la riviera ed effettivamente mi chiedo perché un cittadino dovrebbe vivere ad Antillo e cosa faccia lo Stato per incentivarlo a restare? Oggi l’Ente sostiene costi più alti per i servizi, ma deve spalmarli su meno cittadini e dunque si pagano tasse quasi più alte di un Comune medio-grande: servono incentivi per le famiglie, sconti ed esenzioni per gli studenti, per chi si sposta per lavorare, per chi sceglie di aprire attività sul posto: solo così allora potremo tentare di far sopravvivere il paese».
Ad Antillo resistono le scuole, la cui chiusura sarebbe una mazzata e farebbe aumentare lo spopolamento, e si auspica che Governo e Comunità europea approvino norme apposite per salvare i borghi, soprattutto nelle zone svantaggiate come quelle montane, e garantire infrastrutture viarie e servizi, in quanto turismo ed eventi non basteranno a frenare l’esodo verso il mare.
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