La manovra di bilancio 2025 rende permanenti le misure per il sostegno dei redditi medio-bassi dei lavoratori dipendenti. Ma i provvedimenti non si ispirano a un disegno di riforma coerente e razionale dell’Irpef e complicano ancora di più il sistema.
Cosa prevede la manovra
La manovra di bilancio 2025, in discussione in Parlamento, mette a regime le misure per il sostegno dei redditi medio-bassi dei lavoratori dipendenti adottate lo scorso anno per il solo 2024.
L’intervento complessivo si articola in tre distinte misure. Innanzitutto, il taglio dei contributi a carico dei lavoratori dipendenti applicato nel 2024 viene trasformato in via permanente in due diverse disposizioni: una detrazione ulteriore per i lavoratori dipendenti in sede Irpef per i redditi compresi tra 20mila e 40mila euro e un bonus, ovvero un trasferimento monetario, per i redditi inferiori a 20mila euro, estraneo all’imposta personale e introdotto per evitare il problema d’incapienza.
La struttura sia del bonus sia della detrazione è articolata: il bonus è pari al 7,1 per cento del reddito da lavoro dipendente se inferiore a 8.500 euro, 5,3 per cento se compreso tra 8.500 e 15mila euro e 4,8 per cento se compreso tra 15 e 20mila euro; la detrazione è fissata a mille euro se il reddito complessivo è tra 20 e 32mila euro, per poi ridursi linearmente fino ad azzerarsi a 40mila euro. La figura 1 illustra l’andamento dei due strumenti, per diversi livelli di reddito complessivo 2025. L’introduzione di una detrazione decrescente tra 32 e 40mila euro attenua sensibilmente gli elevati aumenti di aliquote marginali effettive che caratterizzavano la decontribuzione (si annullava repentinamente a 35mila euro di retribuzione annuale lorda).
Figura 1 – Importi del bonus e della detrazione ulteriore per livelli di reddito complessivo
In secondo luogo, viene messa a regime la revisione della struttura dell’Irpef introdotta lo scorso anno: prevedeva l’accorpamento dei primi due scaglioni e l’applicazione al nuovo scaglione dell’aliquota più bassa (23 per cento), con il risultato di ridurre il prelievo di due punti di aliquota su tutti i redditi al di sopra dei 15mila euro.
Infine, con un intervento che aumenta il prelievo Irpef, per i contribuenti con reddito più elevato, si introduce un plafond sull’ammontare complessivo delle spese detraibili (che includono gli oneri personali detraibili al 19 per cento, con l’eccezione di quelli sanitari, ma anche altre spese, come quelle per interventi edilizi sostenuti a partire dal 2025, che beneficiano di percentuali di detrazione maggiori). Il tetto è differenziato per fasce di reddito (non rileva per redditi inferiori a 75mila euro, è pari a 14mila euro per redditi tra 75 e 100 mila euro, si abbassa a 8mila per i redditi superiori) e per numero di figli a carico (i plafond indicati si applicano solo nel caso di contribuenti con più di due figli a carico, per poi ridursi progressivamente al diminuire del numero dei figli, fino a diventare il 50 per cento nel caso di contribuenti senza figli). Viene contestualmente eliminata la riduzione di 260 euro delle detrazioni prevista lo scorso anno per annullare, a partire da 50mila di reddito, i benefici dell’accorpamento dei primi due scaglioni dell’Irpef.
I costi finanziari di queste misure sono rilevanti: 12,8 miliardi di euro nel 2025 per la sostituzione della decontribuzione con il bonus più la detrazione Irpef e 4,7 miliardi per la conferma dell’Irpef a tre aliquote insieme con il tetto alle detrazioni.
Gli effetti sui singoli contribuenti
Gli effetti delle misure possono essere meglio compresi facendo riferimento alla figura 2. Il governo ha tarato le due componenti, bonus e detrazione, in modo da compensare quasi completamente l’effetto dell’annullamento degli sgravi contributivi, con impatti pressoché invariati sul cuneo fiscale per gran parte dei lavoratori dipendenti. Gli unici che realizzano un guadagno di un qualche rilievo sono i circa 2,8 milioni di lavoratori (secondo la stima di Istat) che lo scorso anno non godevano della decontribuzione, mentre nel 2025 beneficeranno della detrazione ulteriore. Potrebbe anche verificarsi che lavoratori che lo scorso anno usufruivano della decontribuzione nel 2025 siano esclusi dalla detrazione ulteriore in quanto percettori di altri redditi che concorrono, insieme a quello da lavoro, al reddito complessivo a cui la detrazione è parametrata.
Figura 2 – Variazione del cuneo fiscale sul lavoro 2025 – 2024 (lavoratore single senza oneri, comprese le addizionali Irpef)
L’introduzione dei tetti sul totale degli oneri detraibili comporta effetti per contribuenti caratterizzati da diversi livelli di reddito e diverso numero di figli (figura 3). A titolo esemplificativo, la figura 3 considera il caso specifico di una spesa agevolata di 15mila euro relativa soltanto a oneri detraibili al 19 per cento e confronta le detrazioni di cui può beneficiare il contribuente nel nuovo regime con quelle attuali. Fino a 50 mila euro, nulla cambia. Tra 50 e 75mila euro si può usufruire di maggiori detrazioni per 260 euro, perché la restrizione introdotta lo scorso anno (e ora abolita) partiva da 50mila euro, mentre le nuove restrizioni inizieranno a partire da 75mila. Successivamente gli effetti sono molto differenziati in funzione del numero dei figli (tra 75mila e 100mila euro ci può essere ancora un piccolo vantaggio, se si hanno più di due figli). A complicare ulteriormente il quadro, va ricordato che continua a valere la disposizione secondo cui i limiti alla detraibilità sono linearmente decrescenti sopra i 120mila euro di reddito, fino ad azzerarsi a 240mila euro, producendo anche un piccolo vantaggio su alcuni contribuenti ad alto reddito.
Figura 3 – Ammontare delle detrazioni utilizzabili nel 2024 e 2025 per livelli di reddito complessivo e numero di figli a carico (caso di contribuenti con 15mila euro di oneri detraibili al 19 per cento)
I pro e i contro dei provvedimenti
Un aspetto positivo delle misure descritte è aver messo a regime il pacchetto di provvedimenti di sostegno ai redditi introdotti lo scorso anno per il solo 2024. Positiva è anche la scelta di ridurre il cuneo fiscale sul lavoro agendo sull’Irpef, invece che sui contributi, perché in questo modo viene recuperata la corrispondenza, nell’ambito del meccanismo di calcolo contributivo delle pensioni, tra contributi versati e ammontare della prestazione pensionistica.
Le modalità adottate per la sostituzione degli sgravi contributivi comportano però un costo evidente in termini di ulteriore perdita di coerenza interna dell’Irpef, data l’introduzione di un trasferimento monetario estraneo all’imposta, come già avviene con il trattamento integrativo, e di una nuova detrazione.
Un’ulteriore fonte di complicazione e incoerenza deriva dalle addizionali regionali e comunali all’Irpef che, fino al 2027, possono continuare a fare riferimento, per gli enti territoriali che modulano le proprie addizionali su più scaglioni, alla struttura a quattro scaglioni senza allinearsi a quella a tre adottata a livello centrale. Il risultato sarà quello di un doppio calcolo con conseguente applicazione di scale di progressività differenti.
L’intervento di riordino delle detrazioni per oneri è criticabile da diversi punti di vista. Innanzitutto, non si rivedono le molteplici tipologie di spesa che danno luogo a detrazioni, né le diverse percentuali di detrazione, ma ci si limita a imporre dei tetti. Il gettito recuperato sarà comunque limitato (attorno a 200 milioni nei primi anni di applicazione), ben lontano dalla riforma complessiva delle agevolazioni fiscali prospettata nel Piano strutturale di bilancio che il governo ha promesso, tra le altre riforme, per ottenere dalla Commissione europea un sentiero di consolidamento fiscale meno stringente.
Inoltre, l’introduzione di trattamenti differenziati in relazione alla composizione del nucleo familiare, via diversificazione dei plafond delle spese detraibili a seconda del numero dei figli, mostra limiti sul piano equitativo e pone problemi di coerenza interna dell’Irpef, che è un tributo personale e non familiare. Se il governo avesse inteso riportare nell’Irpef la considerazione della famiglia avrebbe dovuto farlo per la via maestra, correggendo direttamente il reddito imponibile. Affidarsi alla differenziazione delle detrazioni per oneri, peraltro con la possibilità per entrambi i genitori di beneficiare dei minori tetti in presenza di figli, comporta invece discriminazioni tra chi le spese agevolate le sostiene e chi no.
Infine, il modo in cui meccanismo del plafond è congegnato – riferito al totale delle varie spese detraibili che possono avere percentuali di detraibilità differenti e non al totale delle detrazioni in sé – può incentivare calcoli di convenienza fiscale a seconda della composizione degli oneri detraibili. Si sfrutteranno prima gli oneri con percentuali di detraibilità maggiori, oppure, in caso di famiglie con due percettori di reddito, si intesteranno, laddove possibile, gli oneri detraibili al coniuge che ne può conseguire il maggiore vantaggio fiscale.
Nel complesso, come già accaduto anche in passato, siamo di fronte a interventi mirati e parziali, che si sovrappongono nel tempo, che non si ispirano a un disegno di riforma coerente e razionale dell’Irpef e che complicano ulteriormente il sistema. Si rimane in attesa della revisione organica dell’imposta annunciata dalla legge delega sulla riforma fiscale, ma non ancora attuata.
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