Restrizioni e divieti a salvaguardia di un’area oggi sovrasfruttata. I fondali della stretta striscia di mare che divide Italia e Albania sono molto profondi e custodiscono specie rare e importantissime come il corallo bambù. La battaglia degli attivisti della Fondazione MedReAct
Sin dai tempi antichi il canale d’Otranto era di vitale importanza strategica nel Mediterraneo. I romani lo attraversavano per trasportare le loro truppe verso est; le legioni romane giungevano così in Albania passando da Brundisium (Brindisi) in un solo giorno. Ora questa striscia di mare (che ha una larghezza di 45-55 miglia nautiche, equivalenti a 85-100 km) diventa la più grande riserva marina (o meglio la più estesa zona di restrizione alla pesca- Fisheries Restricted Area) dell’Adriatico grazie alla campagna da parte della Fondazione MedReAct e all’Adriatic Recovery Project
La decisione è stata presa dopo anni di proposte (si iniziò a parlarne nel 2018) e negoziati dalla Commissione Generale della Pesca nel Mediterraneo (Cgpm). E prevede una serie di misure, tra cui il divieto alla pesca di fondo in un’area centrale di oltre 1.900 km quadrati, e una forte riduzione della pesca in una zona cuscinetto di circa 700 km quadrati.
I fondali ricchi di coralli
Presentata alla Cgpm nel 2018 da MedReAct e dall’Adriatic Recovery Project, la proposta di istituzione di una Fisheries Restricted Area nel Canale di Otranto ha innalzato il livello di attenzione su quest’ area così ricca di biodiversità. È infatti un’area unica in Adriatico grazie ai suoi ripidi pendii che raggiungono profondità di oltre 900 metri, uniti alla presenza di caratteristiche fisiche che influenzano la dinamica della circolazione delle acque e lo scambio idrico con l’intero bacino del Mediterraneo. I suoi fondali ricchi di organismi ospitano coralli bianchi e aggregazioni di spugne profonde nonché alcuni dei più importanti giardini di Isidella elongata del Mediterraneo. L’Isidella elongata, nota anche come corallo bambù, è una ormai rara gorgonia che svolge un ruolo importantissimo nel formare colonie che si arricchiscono di specie e che sostengono zone di riproduzione e accrescimento di specie commerciali come gamberi, naselli e scampi, aumentando la biodiversità marina.
L’appello di 100 ricercatori
Inoltre, il Canale di Otranto costituisce un ambiente ideale per il sostentamento di delfini, tartarughe, del diavolo di mare e della balena di Cuvier, tanto da essere oggetto nel 2021 di un appello per la sua protezione sottoscritto da oltre 100 ricercatori da 37 Università e centri di ricerca italiani. «Dopo un lungo iter negoziale, la proposta è stata finalmente recepita grazie al lavoro dell’Unione europea, dell’Albania e agli esperti adriatici della Cgpm. Riteniamo che questo sia un grande risultato in particolar modo per l’Adriatico, uno dei bacini più sovrasfruttati di tutto il Mediterraneo» ha dichiarato Domitilla Senni, di MedReAct.
L’ecologo Paolo Galli (Università Milano Bicocca)
Analoga decisione era stata presa nel 2017 per la Fossa di Pomo in Adriatico centrale. E in quest’area, si è registrato in pochi anni uno straordinario aumento della biomassa di scampi e naselli, contribuendo al recupero di stock ittici sovrasfruttati e al futuro della pesca. «Questo è un importante contributo che l’Italia darà alla Strategia dell’UE per la Biodiversità al 2030, che è un elemento chiave del Green Deal Europeo e mira a ripristinare la biodiversità, proteggendo e rafforzando gli ecosistemi nell’Unione Europea. Tra gli obiettivi principali, la strategia include proprio il rafforzamento della rete di aree protette e il ripristino degli habitat naturali, prevedendo che almeno il 30% del territorio e dei mari dell’UE sia protetto entro il 2030».
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