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In un convegno nel corso del Festival dell’Acqua a Firenze è stato presentato lo studio “Progetto monitoraggio microinquinanti nelle acque reflue”, realizzato da Utilitalia, la Federazione che riunisce le imprese dei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’energia elettrica e del gas in Italia, e da CNR-IRSA con la collaborazione delle aziende associate ad Utilitalia. Lo studio raccoglie dati riguardanti il destino, negli impianti di depurazione, di 10 microinquinanti emergenti, per i quali la nuova direttiva sul trattamento delle acque reflue, che dovrebbe essere pubblicata sulla Gazzetta ufficiale europea entro l’anno, fissa nuovi obiettivi di riduzione o abbattimento.
Nuova direttiva sulle acque reflue: obiettivi e investimenti necessari
La direttiva prevede una percentuale minima di riduzione dell’80% – attraverso sistemi di trattamento avanzati – di alcune sostanze sostanze chimiche presenti in particolare in farmaci, prodotti per la cura personale e pesticidi. Per adeguare le infrastrutture della depurazione alle nuove norme occorreranno investimenti fino a 6,1 miliardi di euro e costi operativi fino a 800 milioni all’anno. L’80% dei costi legati all’abbattimento degli inquinanti emergenti dovranno essere sostenuti dai produttori.
Dallo studio CNR-IRSA, emerge che le acque reflue sono lo specchio delle abitudini dei cittadini, in particolare rispetto al consumo di farmaci e di prodotti cosmetici. Nello studio sono stati indagati 10 microinquinanti emergenti nelle acque reflue e negli effluenti degli impianti di depurazione, con una campagna invernale ed una estiva. Al progetto hanno preso parte 23 gestori, per un totale di 55 impianti di trattamento di acque reflue distribuiti su tutto il territorio nazionale.
Responsabilità, strategie e costi
Alcune sostanze, in particolare i composti farmaceutici, faticano ad essere abbattute secondo le percentuali richieste dalla direttiva da trattamenti convenzionali. Richiedono pertanto la necessità dell’implementazione di sistemi di trattamento avanzati come ozonizzazione e/o carboni attivi. Per la copertura di questi costi, la direttiva in corso di revisione prevede appunto l’istituzione di sistemi di Responsabilità Estesa del Produttore.
“Per la prima volta – spiega Tania Tellini, direttore del Settore Acqua di Utilitalia – la direttiva europea prevede, secondo il principio ‘Chi inquina paga’ e la Responsabilità Estesa del Produttore (EPR), che l’80% dei costi legati all’abbattimento di queste sostanze vengano pagati dai produttori. Si tratta di un approccio decisamente innovativo per il settore idrico, mutuato da quanto già da tempo previsto nei rifiuti, per cui è importante comprendere come declinare al meglio l’applicazione di questa importante novità”.
Per far fronte a questi impegni, è fondamentale che imprese, istituzioni e centri di ricerca collaborino nell’individuare strategie per la protezione dell’ambiente, nel rispetto degli standard di qualità degli scarichi più elevati introdotti dalla direttiva, con obblighi di raccolta e trattamento anche nei piccoli agglomerati, l’abbattimento degli inquinanti emergenti e obiettivi di neutralità energetica del comparto.
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