Valore & Valori / Mario Travaglini 175

 

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Il settore immobiliare sembra aver avviato un importante recupero, almeno stando ai dati statistici dell’ultimo trimestre, secondo i quali il numero delle transazioni è stato talmente significativo da rappresentare una leva sulla quale puntare per correggere il deficit pubblico e rivitalizzare l’economia nel suo insieme. È ancora troppo presto per parlare di un chiaro rimbalzo, ma la tendenza alla stabilizzazione è almeno confermata. Dopo due anni terribili, durante i quali i volumi delle transazioni sono scesi a livelli mai visti dagli anni 2010, il peggio sembra essere passato.

Per il nostro governo, alla ricerca di miliardi di euro per ridurre il più possibile il deficit pubblico e trovare risorse da destinare soprattutto alla sanità, la ripresa dell’attività immobiliare è di fondamentale importanza. Se il settore immobiliare è un bisogno vitale per i cittadini, rappresenta un’importante fonte di entrate per lo Stato ed una via indiretta per incidere in modo circolare sull’economia in generale e sul settore edilizio in particolare.  Dalla metà di settembre gli indicatori hanno lasciato il rosso vivo per avviare un timido processo di normalizzazione.

La conferma del trend nei prossimi mesi segnalerebbe il ritorno ad una movimentazione del risparmio privato utile per Stato, cittadini e imprese, con tutte le conseguenze positive  che ciò comporta.

Dopo il minimo toccato a marzo, nel secondo trimestre le banche hanno riaperto il rubinetto del credito offrendo al contempo tassi di interesse più bassi grazie al calo dei rendimenti dei titoli di Stato. Questa boccata d’aria fresca ha permesso agli acquirenti del vecchio mercato immobiliare di ritrovare uno slancio favorevole, tanto che tra marzo e luglio la richiesta mensile di crediti immobiliari è aumentata di circa il 25%, mentre i tassi medi si sono assestati intorno al 3,7%,

E sul fronte dei prezzi degli immobili, il mercato ha confermato la sua stabilizzazione con una contrazione molto più contenuta rispetto a quella osservata nel 2022 e nel 2023. Tuttavia, in sintesi, il ritrovato dinamismo della vendita di vecchie case non è solo affare degli agenti immobiliari perché, se è vero che le transazioni non modificano il numero di beni disponibili nel Paese e che la ricchezza prodotta ed aggiuntiva è  modesta essendo data dalle imposte sui trasferimenti e dalle commissioni percepite dagli attori che sono coinvolti nelle compravendite, è anche vero che esse trascinano dietro di sé l’intero sistema economico.

Per lo Stato e gli enti locali, innanzitutto, il dinamismo del mercato è fondamentale per far quadrare i conti grazie alla riscossione delle imposte sui trasferimenti di immobili, sui  trasferimenti dei terreni,  sulle concessioni edilizie cosi come sulle ristrutturazioni e/o sugli ampliamenti. I dati dimostrano che le ristrutturazioni immobiliari vengono effettuate principalmente in occasione di un cambio di proprietà e quando una casa o un appartamento passano di mano, vengono chiamati gli artigiani per eseguire i lavori, si acquistano materiali da costruzione e si vendono prodotti di arredamento. Dietro queste apparenti piccole operazioni si nascondono diversi settori economici che, dopo l’ubriacatura dei famosi bonus pentastellati, vedranno la loro attività ricominciare a crescere in modo significativo.

Ma il dinamismo del vecchio patrimonio immobiliare non si ripercuote solo sui settori ad esso direttamente collegati, come abbiamo visto poco sopra, ma, attraverso le transazioni, costituiscono anche un ottimo mezzo  per mettere in circolo i risparmi accumulati. Quando una giovane coppia accende un prestito per acquistare una casa da pensionati che hanno già rimborsato un mutuo di lunga data, il numero di unità abitative nel Paese, e quindi la ricchezza reale, non cambia. Si crea, però, un effetto monetario interessante sul versante dei consumi:  il denaro utilizzato dalla giovane coppia  per l’acquisto è stato creato ex nihilo dalla banca mentre i venditori potranno immetterlo, tutto o in parte, nell’economia reale generando un moto positivo per l’intera economia del paese.

Questo flusso di compravendite dimostra che il dinamismo del settore immobiliare non è solo una componente minore della nostra economia: è un motore di crescita importante quanto il deficit pubblico. Quando le transazioni cessano, le plusvalenze latenti non si materializzano più e non consentono più questa creazione monetaria indolore per i conti dello Stato. Per le autorità pubbliche è imperativo che la produzione di nuovi prestiti immobiliari riesca a superare l’erosione naturale degli importi in essere, dovuta al rimborso permanente dei prestiti, cosa che non si verificava da due anni.

Il momento della verità sarà senza dubbio l’evoluzione dei tassi di interesse alla fine dell’anno. Se la BCE riuscisse finalmente a dare un segnale forte abbassando in maniera risoluta i tassi di riferimento e i mercati non si preoccupassero troppo dell’insolvenza latente dello Stato, potremmo vedere un’impennata di prestiti immobiliari a basso costo e quindi un definitivo rilancio del settore. Il numero dei mutui sarà il miglior indicatore per segnare la fine del periodo deflazionistico che stiamo attraversando e darà ossigeno alle casse degli enti locali e a quelle dello Stato che sotto sotto potrebbe leccarsi i baffi.