Si torna a parlare di uno degli argomenti più spinosi del mondo del calcio italiano negli ultimi anni: il Decreto Crescita. I vantaggi fiscali a esso legati rappresentano un’ancora di salvezza per alcuni club e, al tempo stesso, il trampolino per il salto verso il calcio che conta in Europa per altri.
Il nostro sistema può sopravvivere senza? Sì, a patto di una rivoluzione, che porterebbe ad anni complicati e, potenzialmente, a una rinascita (anche della Nazionale). Non c’è però alcuna intenzione di scoprire come sarebbe la vita senza vantaggi in termini di tassazione. Lo dimostra ampiamente Claudio Lotito che, a distanza di meno di due mesi, torna all’assalto.
Serie A, proroga delle detassazioni
Non c’è calcio in serie A senza il Decreto Crescita. Ne è palesemente convinto Claudio Lotito, presidente della Lazio e soprattutto senatore di Forza Italia. Il ben noto imprenditore sta infatti nuovamente lavorando per un rilancio proficuo dei vantaggi fiscali legati a tale elemento ormai cardine del nostro mondo dello sport.
È stato infatti presentato un emendamento al decreto fiscale, con l’obiettivo di garantire una prolungata detassazione al 50% per quei lavoratori che trasferiscono la propria residenza in Italia. Discorso rinviato al 2027, questo è l’obiettivo, al netto di un’assenza di piani concreti per cambiare la condizione del nostro sistema calcio, allo stato attuale. Secondo una conveniente interpretazione del Decreto Crescita, infatti, tale detassazione si applicherebbe anche ai calciatori stranieri trasferitisi nel nostro Paese grazie al calciomercato, che oggi ignora sempre più i nostri giovani, di fatto più costosi in ambito di bilancio.
Decreto Crescita oggi
Claudio Lotito si schiera apertamente contro la decisione di abrogare l’opportunità di accedere a delle estremamente convenienti agevolazioni fiscali per i club. Il Decreto Crescita si è di fatto fermato ai trasferimenti attuati entro il 31 dicembre 2023.
Da Forza Italia era già giunto un tentativo di modifica a settembre 2024, senza riuscire a far passare il tutto. Si punta ora a un nuovo piano d’azione, mirando a un’estensione fino al 31 dicembre 2027.
Stipendi netti più ricchi, a parità di stipendio lordo. Ecco come si riassume il vantaggio sul mercato europeo che le squadre di serie A intendono recuperare. Un’ultima spiaggia per concorrere con quelle proprietà internazionali che vantano possibilità economiche immani. Il governo di Giorgia Meloni ha però posto un freno a tutto ciò.
L’esecutivo non ha invece cancellato i vantaggi fiscali per altri tipi di lavoratori, che decidono di trasferire la propria residenza in Italia, con impegno di risiedere in questo Paese (fiscalmente parlando) per almeno 4 anni.
Di fatto, è il caso di dirlo, ai nostri giovani (e non solo) conviene scappare in cerca di migliori condizioni, per poi rientrare nella categoria dei lavoratori rimpatriati, con più soldi ed esperienze in tasca e una migliore tassazione per i successivi quattro anni.
Al di là di critiche al sistema nazionale, però, oggi il vantaggio fiscale è unicamente disponibile per quei contratti siglati prima dell’1 gennaio 2024.
Il problema dei settori giovanili
In Italia si è molto abili a lamentarsi e ciò vale anche per il calcio. La serie A ritiene di non poter competere economicamente con i grandi club internazionali. I calciatori stranieri più forti preferiscono altri campionati. Che dire però dei nostri giovani? Ci si lamenta di una Nazionale che fatica e si ammira la Spagna che lavora internamente per il suo oggi e domani.
Non si fa però qualcosa di concreto per far crescere i vivai, anzi. Basti pensare alla modifica della legge Melandri, mai applicata. Si prevede che i club di serie A ottengano una porzione di ricavi da diritti Tv sulla base dei minuti giocati dai giovani.
Si prevedeva inoltre un calcolo sulla base di spettatori televisivi e presenza allo stadio, aumentando inoltre la quota da distribuire in parti uguali a tutte le società, dal 40 al 50%. Il tutto secondo questo schema:
- 50% dei ricavi a tutti i club in parti uguali;
- 30% dei ricavi sulla base dei risultati sportivi;
- 20% dei ricavi sulla base del radicamento sociale, con 8% in base all’audience Tv e il 12% in base agli spettatori allo stadio.
Del vantaggio legato al minutaggio dei giovani non si è però mai più parlato. La quota sarebbe stata pari ad almeno il 5% ma della modifica non c’è più traccia. La suddivisione sarebbe dunque stata la seguente:
- 50% in parti uguali a tutti i club;
- 28% in base ai risultati sportivi;
- 22% in base al radicamento sociale, con almeno il 5% legato al minutaggio dei giovani.
Ma dov’è l’inghippo? Era prevista una postilla nella modifica della legge. Per rendere il tutto effettivo occorreva un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Da allora, Conte I, Conte II, Draghi e Meloni paiono aver dimenticato la questione in un cassetto.
Il parere della politica
Parlando di personaggi del calcio e della politica, non si può fare a meno di citare Adriano Galliani. L’amministratore delegato del Monza, senatore di Forza Italia, affianca Claudio Lotito in questa battaglia.
Il capogruppo del partito, Dario Damiani, si era così espresso a settembre scorso: “La proposta di modifica mira a prorogare una misura già esistente, che riguarda l’agevolazione per incentivare tutti i lavoratori che stabiliscono la residenza nel nostro Paese, come anche gli sportivi”.
L’unico obiettivo sembra essere questo anche oggi. Non c’è sul tavolo un progetto sui giovani italiani. I vivai da far crescere nel corso di questi eventuali anni agevolati garantiti. Eppure l’esecutivo annuncia a gran voce l’importanza dei giovani italiani, del made in Italy a confronto con i prodotti esteri. Perché tali annunci non hanno riscontri concreti nello sport?
Riportiamo le parole del ministro Matteo Salvini, che appaiono vuote a fronte di interventi assenti: “L’obiettivo del governo è quello di aiutare il calcio italiano, soprattutto valorizzando i vivai. La Lega ha dunque ritenuto di stoppare la norma che consente ai calciatori stranieri di pagare meno tasse. Sono convinto che sia una scelta di buonsenso ed equità. Il Decreto crescita ha permesso ai club di acquistare atleti dall’estero con lo sconto. Questo aiuto straordinario è durato anni e doveva rilanciare i nostri campionati, rendendoli più competitivi e attraenti. Così non è stato”.
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