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Intervenire sui congedi parentali dei padri, per assicurare la salute e il benessere dei figli e favorire occupazione femminile e natalità. La proposta, che arriva dal progetto europeo 4e-Parent, è stata recentemente presentata ai politici in vista della legge di bilancio. Si tratta di un progetto che vede l’Istituto superiore di sanità (Iss) capofila e la partecipazione di diversi partner. E che trova concordi i pediatri.
Questa misura, infatti, “è di estrema utilità sicuramente per la salute dei figli, ma può avere ricadute benefiche certamente sul piano sociale e anche su quello economico” secondo Rino Agostiniani, pediatra e consigliere della Società italiana di pediatria (Sip), che parlandone con Adnkronos Salute la definisce “una proposta importante, persino nell’ottica di creare un presupposto di frenare la denatalità, che è una delle cose più drammatiche che sta vivendo questo Paese. Non sarà un elemento determinate, ma può essere comunque un presupposto, un segnale importante”.
I dettagli
Ma cosa chiedono i promotori dell’iniziativa? Occorre riformare i congedi per i padri per assicurare la salute e il benessere delle bambine e dei bambini e correggere l’ineguale distribuzione della cura e favorire l’occupazione femminile, e dunque anche la natalità, “allineando l’Italia, che è uno dei Paesi europei con il minor numero di giorni di congedo adeguatamente retribuiti per i padri e con il massimo divario fra congedi materni e paterni, al resto d’Europa”.
I vantaggi
Con un ampliamento dei congedi parentali si avrebbero diversi vantaggi, ragionano i promotori dell’iniziativa. I bambini il cui padre sia stato attivamente coinvolto in età evolutiva mostrano più elevati livelli di competenza cognitiva e sociale, maggiore capacità di empatia, migliore autoregolazione e autostima e migliori progressi scolastici.
La presenza del padre sin dai primi momenti dell’attesa, inoltre, diminuisce i rischi durante la gravidanza e il parto, può contribuire all’aumento della occupazione femminile e promuovere ‘mascolinità accudenti’, diminuendo il rischio di violenza domestica. Una piccola rivoluzione gentile, che si otterrebbe anche cambiando il nome: da ‘congedi parentali’ a ‘congedi genitoriali’.
“Non dovrebbero servire prove per dimostrare che la partecipazione dei padri all’accudimento è vantaggiosa per l’intera famiglia”, secondo Angela Giusti, ricercatrice del Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute dell’Istituto Superiore di Sanità e responsabile del coordinamento scientifico del progetto. “Eppure, queste prove le abbiamo”. Dunque che aspettiamo?
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