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A partire dal 2031 circa un terzo dei Comuni italiani dovrà ripristinare le aree urbane. Dopo l’approvazione lo scorso agosto della legge europea “Nature restoration law”, ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale) presenta i dati nazionali per il recupero di territorio e mari. Riflessioni contenute nelle carte del volume “Atlante dei dati ambientali 2024”.
In base alla normativa comunitaria, approvata con il voto contrario dell’Italia, oltre che per gli ecosistemi urbani dovranno essere realizzati interventi anche in altri ambiti, come quelli agricoli, forestali, costieri, marini e fluviali.
La Nature restoration law mira, inoltre, a salvaguardare la biodiversità, a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e a migliorare la sicurezza alimentare dei cittadini europei. Tutti i paesi comunitari dovranno attenersi rigidamente al nuovo regolamento, rispettando scadenze e raggiungendo diversi obiettivi già entro i prossimi 6 anni.
I dati forniti da ISPRA
In Italia oltre il 28% dei Comuni è obbligato a ripristinare le proprie aree urbane a partire dal 2031. ISPRA informa che si supera il 40% se, oltre ai centri e agli agglomerati urbani, si aggiungono anche i Comuni periurbani pari all’11,6% del totale.
Compito del Governo, ora, è redigere il Piano nazionale di ripristino, tenendo conto che, in base alla nuova legge, entrata in vigore il 18 agosto 2024, tutti gli Stati membri dell’Unione europea devono assicurare il rinnovamento di almeno il 20% delle aree degradate terrestri e marine, ed entro il 2050 di tutti gli ecosistemi degradati. Ma non solo. Il regolamento richiede che non ci sia nessuna perdita netta di spazi verdi e di copertura arborea nelle aree urbane fino al 2030 e un costante aumento della loro superficie totale a partire dal 2031.
La frammentazione degli ecosistemi
Le carte dell’Atlante dipingono un quadro che necessita di interventi immediati. Allo stato attuale il 23,3% degli ecosistemi risentono di una frammentazione elevata, mentre quasi un quinto (17,5%) è a frammentazione molto elevata. Nel 74% degli habitat mappati da Carta della Natura, i sistemi ambientali in cui le attività antropiche risultano predominanti, come le coltivazioni e le aree costruite, sono più della metà del territorio nazionale (52%), mentre tra gli ambienti a maggiore naturalità risultano maggioritari gli habitat forestali e prativi (44%).
Tra le sei sezioni tematiche del documento ISPRA, una è dedicata ai cambiamenti climatici. Per il clima è possibile rilevare che il 2023 è stato il secondo anno più caldo della serie dal 1961, e il decimo consecutivo con anomalia positiva rispetto alla norma. Inoltre, le precipitazioni cumulate annuali nel 2023 sono state complessivamente inferiori di circa il 4% rispetto al trentennio di riferimento 1991-2020.
Le aree urbane dei Comuni italiani
Importante anche la sezione legata all’Antroposfera. In merito alle aree urbane, gli esperti di ISPRA ribadiscono che i processi di urbanizzazione sono tra le principali cause dell’aumento di degrado dell’ambiente e della biodiversità.
Oltre all’incremento del grado di frammentazione delle aree naturali. Le aree densamente urbanizzate occupano il 3,6% del territorio nazionale. Centri rurali e aree suburbane superano il 7% mentre le aree rurali occupano circa l’89% del territorio, di cui quasi un quarto con presenza di coperture artificiali diffuse.
Associando a ciascun Comune la classe prevalente, in accordo con i criteri forniti dalla metodologia Eurostat, si ottiene il seguente risultato: il 28,6% dei Comuni italiani è classificato come “grandi centri urbani”, “nuclei urbani densi” o “nuclei urbani semi-densi” e il valore sale al 40,2% dei Comuni se si considerano anche quelli classificati come suburbani o periurbani.
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