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Plusvalenze immobiliari Superbonus: ipotesi interpretative dai notai #adessonews

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Uno studio del Consiglio Nazionale del Notariato, a cura di Francesco Raponi, esamina le plusvalenze immobiliari a seguito di interventi che abbiano goduto del beneficio del Superbonus, in particolare le numerose problematiche di interpretazione sorte per la difficoltà di individuare chiaramente la tipologia di interventi che possono costituirne i presupposti impositivi.

Plusvalenze immobiliari da Superbonus: lo studio

Lo studio, il cui contributo l’autore invita a utilizzare con la massima cautela e con estrema prudenza, parte dalla considerazione iniziale che il legislatore abbia voluto colpire il mercato delle abitazioni diverse da quella principale che siano cedute a titolo oneroso dopo essere state “ristrutturate” avvalendosi dei benefici fiscali del Superbonus. Sostiene inoltre che gli interventi risultanti dall’elenco di cui all’art. 119 del decreto-legge n.34/2020, che possono rilevare in termini di imponibilità della plusvalenza, potrebbero essere soltanto quelli eseguiti direttamente sul bene oggetto di vendita (e non anche sulle parti comuni del fabbricato di cui la stessa unità immobiliare faccia parte) e che abbiano fruito dell’incentivo massimo del 110%. Inoltre, offre argomentazioni per limitare il campo di applicazione della novella solo agli interventi edilizi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia.

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Le modifiche al Tuir

Con l’introduzione della lettera b-bis) nell’art. 67 del Tuir e con l’integrazione dell’art. 68 del Tuir, si è previsto che dal 1° gennaio 2024 le cessioni a titolo oneroso di beni immobili, in relazione ai quali il cedente abbia fruito delle detrazioni d’imposta cd. “Superbonus” possono costituire un presupposto per far emergere una plusvalenza imponibile, se all’atto della stessa cessione gli interventi agevolati si siano conclusi da non più di dieci anni. La nuova fattispecie impositiva pertanto va a penalizzare le cessioni di beni immobili poste in essere dopo che sia stato eseguito almeno uno degli interventi agevolati di efficientamento energetico o di riduzione del rischio sismico previsti da tale normativa.

La ratio della nuova lettera b-bis) dell’articolo 67 Tuir sembrerebbe essere quella di rendere imponibile, in capo a specifici soggetti, il plusvalore emergente dalla vendita di unità immobiliari differenti dalla abitazione principale del cedente o dei suoi familiari che, in mancanza di tale previsione, avrebbero potuto essere assoggettate a plusvalenza solo al ricorrere dei presupposti di cui alla lett. b) dell’art. 67 del Tuir.

La nuova plusvalenza e la sua applicazione

Piuttosto che prevedere un’ulteriore fattispecie di plusvalenza, lo scopo principale del legislatore sembrerebbe essere stato quello di assoggettare ad imposizione lo strumento del Superbonus, proprio perché utilizzato per incrementare di valore il bene oggetto di cessione, e più nello specifico i vantaggi conseguiti beneficiando della relativa detrazione.

Risultano di difficile inquadramento sia la determinazione dei presupposti di applicazione della nuova plusvalenza che le relative modalità di liquidazione. Principalmente in ordine alla natura degli interventi che, combinati con una alienazione onerosa, possono generare una plusvalenza immobiliare, potendo interessare sia parti comuni di uno stabile che singole unità immobiliari residenziali. In secondo luogo, riguardo a quale possa essere la misura della percentuale di detrazione che li faccia connotare, sempre in uno con la cessione, come fatti generatori di plusvalenze. In ultimo con riferimento ai tratti distintivi delle cause di esclusione della nuova fattispecie impositiva.

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Plusvalenze immobiliari dopo il Superbonus, le ipotesi dei notai

Lo studio avanza alcune ipotesi interpretative, tra le quali, in sintesi, le seguenti:

  • sono idonee a generare una plusvalenza imponibile soltanto le cessioni onerose di unità immobiliari residenziali, diverse dalle abitazioni principali, che facciano seguito ad interventi da Superbonus che abbiano interessato direttamente il medesimo bene ceduto e soltanto se non ricorrano cause di esclusione;
  • non generano la nuova plusvalenza immobiliare le cessioni poste in essere successivamente alla esecuzione di interventi sulle parti comuni dello stabile di cui faccia parte il bene ceduto;
  • sono potenzialmente plusvalenti le sole cessioni onerose operate a seguito di interventi ex art. 119 del decreto-legge n.34 del 2020 che hanno goduto della detrazione massima del 110%;
  • non costituiscono quindi fattispecie imponibili le cessioni di beni residenziali che abbiano fruito del Superbonus in misura maggiorata ma inferiore al 110%;
  • possono essere considerati fatti generatori di plusvalenza, unitamente alla cessione, solamente gli interventi edilizi trainanti e trainati di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia, eseguiti sul singolo immobile;
  • rimangono escluse le cessioni che facciano seguito ad interventi ex art. 119 di manutenzione ordinaria o più in generale realizzabili in edilizia libera e quelli non aventi natura edilizia.

La soluzione del ravvedimento operoso

In conclusione, lo studio si chiede se sia possibile rinunciare ai benefici fiscali del bonus al fine di neutralizzare l’eventuale plusvalenza. La problematica si pone perché in corrispondenza di un vantaggio, che può risultare anche di scarsa entità, specie se fosse accolta la tesi della rilevanza degli interventi sulle parti comuni dello stabile, si potrebbe risultare penalizzati in misura elevata e non corrispondente al plusvalore tassabile che potrebbe emergere dalla cessione.

La soluzione positiva a favore del contribuente apparirebbe sostenibile utilizzando l’istituto del ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del decreto-legge n. 471 del 18 dicembre 1997. Si tratterebbe di considerare ammissibili anche per questa specifica fattispecie i rimedi previsti dal Fisco in caso di utilizzo di crediti non spettanti o inesistenti. Ancora meglio quelli previsti in caso di errore nella comunicazione del credito, ove si consente espressamente al beneficiario dell’agevolazione di riversare in tutto o in parte il credito utilizzato con disapplicazione degli interessi e delle sanzioni se il credito ceduto (o scontato) non sia stato ancora compensato o negoziato dal cessionario.



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