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Fa pensare al celebre successo di Jarabe de Palo l’ultima ricerca della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa pubblicata su ‘Nature Communications’. Perchè in effetti molto, se non tutto, quello che pensiamo dalla realtà dipende dal contesto. “Depende ¿de qué depende? De según como se mire, todo depende”, diceva il mai dimenticato cantante spagnolo. Ebbene, è l’ippocampo – regione del cervello fondamentale per l’orientamento spaziale e la formazione di nuove memorie – ad avere un ruolo chiave nel permetterci di adottare comportamenti differenti in base, appunto, al contesto. ‘Metabolizzando’ e combinando le informazioni che riceve dai sensi in pochi millisecondi.
“Questo studio – spiega Eleonora Russo ricercatrice dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, che ha coordinato la ricerca – costituisce un passo avanti nel comprendere come il nostro cervello integri informazioni contestuali, permettendoci di adottare comportamenti differenti in base al contesto e di formare memorie distinte per ciascun episodio”. Il lavoro, realizzato in collaborazione con l’Università di Bristol e il Central Institute of Mental Health di Mannheim, getta nuova luce sul funzionamento di quello che potremmo chiamare il nostro GPS interno.
L’ippocampo e i ricordi
Il team ha studiato l’ippocampo, una regione del lobo temporale del cervello che ricorda un cavalluccio marino ed è in realtà un crocevia chiave per le informazioni multisensoriali. L’ippocampo, spiegano infatti i ricercatori, funziona come un GPS, fornendoci costantemente informazioni sulla nostra posizione nello spazio. Non solo: quest’area riceve anche informazioni provenienti dai sensi come la vista, l’udito, l’olfatto, integrandole per formare memorie complesse e sfaccettate. In questo modo l’ippocampo crea delle mappe personalizzate dell’ambiente, arricchite dai vari elementi sensoriali e contestuali associati alle nostre esperienze fatte in quei luoghi.
Potere di sintesi
L’ippocampo comunica con il resto del cervello attraverso le sequenze theta, pacchetti di attività in cui i neuroni si attivano in successione ordinata e rapida. Le sequenze theta comprimono le informazioni (relative a spazio e contesto) in pochi millisecondi. Una compressione che si è rivelata fondamentale per il consolidamento delle esperienze durante il sonno: in questo modo, infatti, si formano le memorie a lungo termine.
I protagonisti
Eleonora Russo, in collaborazione con Matt Jones, professore in Neuroscienze presso l’Università di Bristol, e Daniel Durstewitz, professore in Neuroscienze presso il Central Institute of Mental Health in Mannheim e l’Università di Heidelberg, ha combinato nuovi dati sperimentali con modelli matematici per mostrare come i neuroni dell’ippocampo possano modificare l’ordine della loro attivazione all’interno delle sequenze theta, proprio in funzione delle informazioni contestuali che elaborano.
Ma che cosa vuol dire? Come spiega Russo “questo non solo ci aiuta a capire meglio come le informazioni contestuali possano essere usate per guidare il nostro comportamento, ma ci suggerisce delle potenziali strategie utilizzate dal nostro cervello per immagazzinare memorie episodiche”. Siamo all’origine della possibilità di creare ‘falsi ricordi’ preconizzata da Philip K. Dick (in ‘We Can Remember It For You Wholesale’), oppure questa è (ancora) fantascienza? Forse, come direbbe Jarabe de Palo, la risposta giusta è ancora una volta “depende”.
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