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Cultivar a buccia sottile più vulnerabili. Il metodo migliore per contrastarla è l’uso di esche proteiche attivate con un insetticida
Abbiamo già trattato su questa rubrica della capacità della mosca della frutta (Ceratitis capitata) di riuscire a essere comunque un pericoloso fitofago anche quando le condizioni climatiche estive sarebbero sfavorevoli al suo ciclo vitale per il caldo secco e prolungato, come quello che ha caratterizzato questa estate. In realtà, grazie alla sua polifagia e al microclima meno torrido che si crea nei frutteti irrigui, l’insetto comunque mantiene una discreta popolazione pronta a riprodursi in gran numero quando le condizioni climatiche tornano favorevoli, in autunno, e la frutta suscettibile è abbondante, come nel caso delle aree agrumicole.
Negli agrumeti, quindi, già prima dell’inizio della fase di invaiatura occorrerà monitorare la presenza degli adulti della mosca con l’ausilio di trappole attrattive che però non danno indicazioni utili per le soglie di intervento. Il numero di catture, infatti, è difficilmente correlabile ai danni sui frutti che dipendono dalle punture di ovideposizione e dall’attività trofica delle larve nella polpa. L’uso delle trappole, pertanto, serve unicamente a verificare la presenza dell’insetto.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del fitopatologo di Terra e Vita
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Tipi di trappole
Sul mercato sono disponibili diversi tipi di trappole di buona efficacia: cromotropiche (il giallo attira i ditteri, tra cui la C. capitata, ma anche altri insetti, alcuni dei quali appartengono all’entomofauna utile), alimentari (attivate con sostanze prevalentemente a base azotata, a cui sono sensibili soprattutto le femmine con le uova in maturazione) o parasessuali (il trimedlure attira selettivamente i maschi). Le trappole, in numero minimo di 2 ad ettaro, vanno posizionate esternamente alla chioma, a circa 1,80 metri di altezza, con orientamento sud/sud-ovest, in modo da intercettare in maniera efficace le mosche.
Si ricorda che lo spessore dell’albedo (lo strato bianco della buccia) ostacola la penetrazione delle larvette neonate nella buccia e, pertanto, le cultivar a buccia sottile (satsuma, clementine, ecc.) sono più danneggiate di quelle a buccia spessa, come quelle del gruppo navel che comunque in questo periodo non sono ancora nella fase fenologica suscettibile.
Lotta chimica
Meno efficace è la lotta chimica contro larve per mancanza di prodotti effettivamente capaci di penetrare nel frutto e raggiungere le larvette che si infossano nella polpa. Meglio quindi puntare a mantenere bassa la popolazione dell’insetto con trattamenti adulticidi che siano il più selettivi possibile. Il metodo delle esche proteiche attivate con un insetticida ammesso, da distribuire a filari alterni sul lato più soleggiato della chioma (da ripetere dopo eventi piovosi dilavanti) è da preferire a trattamenti generalizzati con etofenprox o un piretroide (questi ultimi hanno solo azione adulticida) o con il neonicotinoide acetamiprid che può avere solo una parziale azione larvicida avendo una certa citotropicità.
Lotta biologica
Un’altra possibilità di lotta alla mosca della frutta, con metodi biologici applicabili su superfici relativamente ampie (almeno qualche ettaro), è fornita dalle trappole per la cattura massale o “attract and kill” (ne esistono in commercio diversi tipi che spesso abbinano all’attrazione alimentare quella cromatica e/o quella parassessuale) e dall’esca attrattiva attivata con spinosad che viene distribuita direttamente sulla vegetazione in piccole quantità ad intervalli regolari di 5-10 giorni.
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